Varie, 12 ottobre 2004
ADONIS
(Ali Ahmad Sai id Esber) Kassabin (Siria) 1 gennaio 1930. Poeta • «[...] è nato in un villaggio siriano da una coppia di contadini, ma si favoleggia molto su suo padre, uomo a suo modo colto e sapientissimo [...] ha prima studiato da autodidatta, arrangiandosi come poteva, e solo con qualche fortuna è riuscito a frequentare le scuole fino alla laurea in Filosofia a Damasco. Oggi non è soltanto un grandissimo lirico, ma un intellettuale di rango, interprete e studioso della cultura araba, o anche - come dice Giuseppe Conte [...] – “un baluardo contro ogni forma di fondamentalismo”. [...]» (“la Repubblica” 7/5/2005) • «Non solo il maggior poeta di lingua araba, ma uno dei grandi della letteratura mondiale. [...] cresciuto a Damasco, ha lavorato in Libano e da tempo vive a Parigi. Dopo anni di esilio ora può tornare non solo nel suo Paese ma in tutto il mondo arabo, rispettato come una grande bandiera culturale, anche se è ovviamente inviso ai fondamentalisti. In Italia è pubblicato da Guanda (Memoria del vento, La preghiera e la spada) [...] sa dare scandalo politicamente, ma soprattutto lo fa già con lo stesso nome che s’è scelto e che rinvia all’Adone pagano, ai miti del Mediterraneo. “Quando ho scelto di firmarmi così, non sapevo che sarei poi andato tanto avanti [...] Ho il massimo rispetto della religiosità. Non sono contro la fede degli uomini. La mia critica non è sul piano, appunto, della fede, ma su quello filosofico. Come si può comprendere, in questo secolo, un atteggiamento monoteista [...] La cultura araba è espressa dalla lingua, ma all’interno di essa ci sono specificità e differenze importanti. Il nostro avvenire, dico di tutti, è in una sorta di meticciato. L’avvenire sarà meticcio o non sarà. Io non credo all’Est e all’Ovest, credo agli uomini. La cultura, in ogni caso, ha già lasciato indietro la geografia [...] oggi poesia non è più tanto lo scrivere nell’accezione tradizionale della parola. È un modo di poetizzare il mondo. Ci sono romanzi poetici, ci sono filosofi poeti. la nozione di poesia ha superato le sue dimensioni tradizionali” [...]» (Mario Baudino, “La Stampa” 12/10/2004) • «“Un poeta è sempre in un altrove ideale. Mai dentro la propria città, il proprio paese. Aspira a qualcosa di diverso, è alla ricerca di un altrove, anche per quello che riguarda la propria lingua. Io cerco di superarmi e di superare quello che ho scritto. Mi sento errante. Nella mia casa parigina, nella mia persona, nel mio corpo. Sono sempre altrove”. [...] Ha costruito in più di trent’anni un’opera meditativa e lirica che tenta l’osmosi tra tradizione e modernità, Oriente e Occidente, attraverso incessanti variazioni [...] “La poesia è scoprire ciò che non sappiamo, esprimere ciò che non siamo in grado di dire. Voglio scuotere, interrogare aprire un orizzonte. Essere poeta vuole dire che ho già scritto e che non ho scritto nulla. Il poeta parla in questa distanza, in questa promessa [...] Non avrò completato me stesso se non quando avrò conosciuto l’altro. Chi annulla l’altro perché diverso, annulla anche se stesso. Il dialogo fra due soggetti fra le varie culture va al di là della semplice tolleranza e interazione. Ognuno può conoscere se stesso e sapere come creare la propria identità. Rimbaud ha detto ‘Io è un altro’, ma il mistico islamico ha detto prima di lui ‘Io sono Lui’. La cultura araba è espressa dalla lingua, ma all’interno ci sono specificità e differenze importanti. Il nostro avvenire è in una sorta di meticciato. La cultura supera la geografia [...] Mi hanno accusato di aver ispirato Bin Laden, ma Bin Laden non legge poesia, non legge nulla. C’era qualcosa di profetico. Una condanna del consumismo, e della tecnologia. Sono contro una globalizzazione che si presenta come appiattimento e omologazione dell’economia sugli altri aspetti della vita. Esiste però una globalizzazione ‘buona’ e questa è la poesia nel suo slancio universalistico, nel suo tendere a superare e infrangere le barriere”» (Renato Minore, “Il Messaggero” 14/10/2004) • «Adonis è un grande poeta ed è un incantatore. Lo sa bene chi abbia avuto la possibilità di ascoltarne le poesie dalla sua stessa voce. La sua figura fisica non è affatto imponente, eppure, quando inizia a recitare, si impone e cattura l’ascoltatore, oscuramente, con la forza di una lingua che sembra venire da zone profonde e remote. È capitato a me, che non capisco una sola parola di arabo, ma che pure sono rimasto, varie volte, fortemente attratto dalla magia potente del suo canto. In effetti ci sono poeti che ammaliano, appunto, per la meraviglia naturale che è nel loro canto; altri, invece, che ci persuadono per la vitalità del loro pensiero poetico espresso in immagini. Adonis assomma le due prerogative, e forse per questo è generalmente oggi riconosciuto come il maggior poeta arabo vivente. [...]» (Maurizio Cucchi, “La Stampa” 12/8/2008).