12 ottobre 2004
Tags : Dai. Sijie
Sijie Dai
• Nato a Fujian (Cina) nel 1954. Scrittore. Regista. «Vive da tempo a Parigi senza però aver mai rinnegato la sua patria. Ha incominciato come regista girando tre film, di cui Chine, ma douleur è arrivato a Cannes. Il suo primo libro, Balzac e la piccola sarta cinese, ha conquistato il mondo, così il film - da lui diretto - che ne è seguito. un uomo dolce e arguto, dagli occhi neri mobilissimi, che incarna perfettamente il profondo legame tra cinema e letteratura [...] lui, il ”ragazzo digiuno di esperienze” del libro, spedito in campagna durante la rivoluzione culturale per espiare la colpa di essere figlio di intellettuali, lui che ”non aveva conosciuto nient’altro se non chiacchiere rivoluzionarie” e d’improvviso si trova nelle mani Balzac. ”Come un intruso, quel piccolo volume mi parlava della bellezza, della passione, dell’amore”. ”Sì, nel mio primo libro ho raccontato me stesso, la mia giovinezza salvata dal potere dei libri. Certo era un momento storico estremo. Ma credo che anche i ragazzi occidentali cresciuti a spot e telefonini, possano essere fortemente influenzati da una lettura. Il potere delle parole è eterno, pensare non è altro che dare nomi alle cose. Un libro può diventare parte del tuo corpo, della tua esperienza”. Anche il cinema però è parte della sua esperienza, fin da quando ragazzino raccontava i film di propaganda ai contadini che non avevano mai visto una sala. ”Ho imparato a descrivere un film immagine per immagine, uno straordinario allenamento mentale. E sì, mi è servito molto quando sono passato dietro la macchina da presa. Certo, scrivere un libro soddisfa di più che non girare un film, ci si sente profondamente liberi, anche perchè si è soli. Il cinema è un lavoro collettivo, è un’industria» (’La Stampa” 15/10/2004). «Tratta la Cina come un figlio adolescente in preda a una incontenibile gelosia tratta la madre infedele e quindi indegna. Le sue parole, le immagini che esse accendono, equivalgono ai pugni e ai calci che un fanciullo nevrotico può rovesciare sulla mamma da cui si sente tradito o respinto. Lo spigliato Dai Sijie condisce però il suo collerico candore con l’ironia, [...] Spesso ci riesce, ma capita che l’ironia si appesantisca, diventi sarcasmo. [...] Benché arroccate su un’alterigia imperiale, le autorità di Pechino non nascosero l’irritazione quando Balzac e la Piccola Sarta cinese, il primo romanzo di Dai Sijie, diventò subito un best seller in sessanta paesi. La presa in giro di una tragedia come la rivoluzione culturale, e del maoismo in generale, le infastidì, pur trattandosi di un passato prossimo condannato e archiviato dalla stessa nuova Cina, sempre ufficialmente comunista ma decisamente avviata al capitalismo. Una severa requisitoria ideologica le avrebbe lasciate indifferenti, o addirittura consenzienti. Una denuncia argomentata sarebbe stata l’ennesima freccia scagliata contro la muraglia della Repubblica popolare, e caduta ai suoi piedi senza neppure scalfirla. Lo smilzo primo romanzo di Dai Sijie, con la sua leggera ironia, fu una puntura di zanzara. L’autore non sperava tanto. Non pensava che il racconto, chiaramente autobiografico, di due studenti della capitale, appassionati di letteratura francese, mandati in uno sperduto villaggio di montagna per un periodo di rieducazione, avrebbe infastidito i censori di Pechino e divertito alcuni milioni di lettori nel resto del mondo. [...]» (Bernardo Valli, ”la Repubblica” 12/10/2004).