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 2004  ottobre 11 Lunedì calendario

PILATI Stefano

PILATI Stefano Milano 10 dicembre 1965. Stilista • «Dopo aver fatto innamorare con il suo Yves Saint Laurent parigini e americani, che è un po’ come metter d’accordo foie gras e hot dog [...] si dispiace, elegantemente com’è nel suo stile, che gli italiani non capiscano. [...] “Tecnicamente capisco, lavoro per una maison francese. Però sono italiano anch’io ed è in Italia che mi sono formato. [...] Miuccia Prada. Stilista che ammiro oltre: nei suoi abiti c’è arte, intelletto, artigianalità. [...] ho un aneddoto. Erano gli anni Ottanta, lessi su una rivista la top ten di allora: Armani, Versace, Valentino, Ferrè, Krizia, Trussardi, Moschino, Coveri, Biagiotti... Pensai che volevo, un giorno, essere come loro. Ma vederli ora lamentarsi: non lo trovo giusto. Hanno denaro, fama, autorevolezza, rispetto. Perché non gli basta? Quando iniziarono loro speravano o no di arrivare dove erano arrivati Chanel, Dior, Saint Laurent? [...] Mi hanno chiesto di disegnare Yves Saint Laurent, mica Kookai! E comunque non rinnego le mie origini e anche qui porto avanti un discorso ‘italiano’: non c’è ricamo o stoffa o tecnologia che io non ricerchi e non faccia, caparbiamente, in Italia [...] quando mi chiedono l’autografo per strada: ‘Guardi che forse si sbaglia’ dico. [...] non porto mai gli stessi vestiti, ma li conservo tutti: ho una grande cantina! Lavoro, qualche amico, a spasso con il mio cane, vacanze a Capalbio: passeggiate sulla spiaggia, da solo. Sì, sono single [...] Io lavoro perché ho bisogno. Oggi per poter campare non bastano quattro jeans e due magliette. Devi essere competitivo: negozi, campagne, manager giusti. Forse, un giorno... Ma allora potrei anche disegnare mobili, o dipingere o fare l’attore (bello è bello: alto, biondo, occhi chiari, fisico da surfista ed eleganza da gentleman, ndr) [...] mi ha fatto un immenso piacere che [...] Catherine Deneuve abbia voluto conoscermi e ora scelga i miei abiti [...] Faccio prêt-à-porter, non alta moda. Voglio vestire le donne che lavorano. Dunque penso a Valérie, la mia Ceo, a come dovrebbe andare a un consiglio di amministrazione. O Camille che è una stylist, sposata e con bambini. O a Ilaria, la mia collaboratrice. E poi penso che devo vendere, non scioccare, che poi è una cosa che mi ha sempre fatto paura”» (Paola Pollo, “Corriere della Sera” 14/10/2005) • «“Io voglio vestire le ventenni [...] Loro hanno tempo di cambiarsi quattro volte al giorno, di fare la gara con le amiche a chi ha il vestito più bello...” [...] viene da Milano, zona Porta Venezia, centro, a due passi da via Montenapoleone e via Spiga. La sua storia spiega i suoi abiti. Da ragazzino aveva poco voglia di studiare e tanta di conoscere “quel mondo, erano la fine dei Settanta, del prêt à porter di Armani e Ferré, due geni” e ha interrotto l’istituto per geometri per dedicarsi al taglia e cuci (“Mi facevano togliere i fili di trama e ordito per ricucirli su fogli a quadretti”), non prima di aver torturato le sue due sorelle obbligandole a vestire i prototipi che tirava giù dalle pagine di “Vogue”. Una passione viscerale per la moda e una curiosità fuori dal comune (“Se a Parigi si mangia la baguette e a Milano la michette alla gente non importa, a me sì”, scherza). Un senso critico smisurato (“Ho lavorato con Tom Ford, ma su certe cose trovo che non ci fosse umiltà”) e una certa educazione al rispetto (“Non si può disegnare Yves Saint Laurent senza tenere conto che lui è stato ed è un’icona”). Fisicamente sembra un velista, un Pellaschier (alto, biondo con la barba, il viso abbronzato), solo più magro. Ma non è uno sportivo: “Lavoro, lavoro e lavoro”. [...] I punti sui fogli a quadretti, un’azienda di velluti e poi, nel ’93 da Armani, nel ’95 da Prada e nel 2000 da Tom Ford, come design director di Yves Saint Laurent. Quattro anni nell’ombra. Ora è il protagonista di una moda tutta sua, che se non altro ha avuto il coraggio di proporre, riscrivendo completamente la pagina. Non sarà facile capirlo» (Paola Pollo, “Corriere della Sera” 11/10/2004).