varie, 10 ottobre 2004
STRAULINO Agostino
STRAULINO Agostino Lusinpiccolo (Croazia) 10 ottobre 1914, Roma 14 dicembre 2004. Ammiraglio. «Il più grande e il più amato marinaio d’Italia. [...] vinse a Helsinki nel 1952 una medaglia d’oro nella vela, [...] durante la guerra si immergeva di notte e di nascosto nelle acque di Algesiras per andare a mettere le mine sotto le navi inglesi alla fonda a Gibilterra [...] a sessant’anni caricava di pini la sua barca a vela nel porto di Fiumicino e partiva per Lussinpiccolo a trapiantarli nel giardino della vecchia casa di famiglia, come se il golfo del Quarnaro fosse dietro l’angolo. L’uomo diventato anche celebre per avere, al comando della Vespucci, passato a vela il ponte di Taranto e la sua strettoia. Un uomo eccezionale, un marinaio straordinario che molte generazioni di italiani hanno cercato di imitare. La medaglia d’oro di Helsinki è diventata famosa, anche perché dopo di allora nessun altro velista italiano riuscì a vincerne una. Per 48 anni un digiuno che spingeva tutti a ricordare l’ammiraglio, finché nel 2000 nella baia di Sydney, dall’altra parte del pianeta, una ragazza maremmana, Alessandra Sensini, riuscì finalmente a rompere questo tabù dei velisti italiani incapaci di vincere qualcosa. [...] nato a Lussinpiccolo, nell’isola di Lussino, di fronte a Pola e a Fiume. Ogni mattina per andare a scuola non aveva altro che una barchetta a vela, una “passera” istriana con cui attraversava la grande e ventosa baia per raggiungere il paese. Quella barchetta fu il primo e unico giocattolo che il giovane Tino aveva ma che fortunatamente veniva condito con i racconti fantasmagorici del padre, capitano di lungo corso sugli oceani, e dei parenti, perché Lussinpiccolo è stata la patria dei più grandi marinai d’Italia dai Cosulich ai Martinolich e a tanti altri con e senza la ch finale. Ma Olimpia e le grandi regate erano molto lontane dal Quarnaro e dalla sua bora. I fasti della vela cominciarono all’Accademia navale di Livorno quando fu il momento del servizio militare. Nel ’36 Straulino era riserva a Berlino, dove fu vinta la medaglia d’oro dall’imbarcazione Italia della classe 8 metri. Poi Helsinki e poi, nel ’60, Napoli. Straulino dominò la classe Stelle per decenni e questa classe di barche nata nel 1912 e ancora olimpica è forse la più prestigiosa e la più tecnicamente valida. Ma con l’età la Stella diventa troppo piccola e così Straulino passa alle regate ’altomare mare, alla One Ton Cup che era il top della vela quando la Coppa America sembrava impossibile per noi italiani. Campione del mondo anche in quella classe con il famoso Kerkyra di Marina Bulgari. Straulino andò a regatare a Auckland quando la città neozelandese era ancora un paesone e nessuno immaginava che un giorno sarebbe diventata la capitale della Coppa America. Da militare tutto d’un pezzo, Tino Straulino rimase poi fuori proprio dalla Coppa America, dai suoi miliardi, dai suoi vorticosi sponsor e fu un peccato perché avrebbe portato stile e compostezza in un ambiente che sta diventando un po’ troppo rutilante. Ma per parecchie generazioni di italiani è stato l’uomo da imitare nella bravura e nello stile, scarno ed efficace, dei marinai di un tempo [...]» (Carlo Marincovich, “la Repubblica” 10/10/2004). «Medaglia d’oro nella classe Stelle ai Giochi di Helsinki del 1952, si trasformò ben presto in una leggenda vivente. Oro olimpico, campione del mondo, campione d’Europa, campione italiano: questo il curriculum di quel solo anno. Dopo la vittoria, l’americano Paul Smart che quattro anni prima aveva vinto lo stesso oro ai Giochi di Londra del ’48, disse: “Straulino e Rode sono da quattro anni i migliori del mondo e tutto quello che ottengono oggi è loro dovuto per le incredibili sfortune che hanno sopportato. Non hanno avversari, almeno per il momento”. È vero. A Londra potevano anche vincere ma la sfortuna fu incredibile. Dopo una protesta, Straulino si risentì con un ufficiale inglese e questi gli rispose: “Stia zitto lei che avete perso la guerra”. Raccontò poi l’ammiraglio: “Era stata introdotta una nuova regola per cui chi doveva protestare era tenuto a issare la bandiera nazionale e non più un fazzoletto come si faceva prima. Ebbene, l’americano Knowles mi protestò alzando un calzino rosso e blu e gli inglesi accettarono quella protesta”. Ma quattro anni dopo a Helsinki ci fu poco da protestare. Sentite i piazzamenti della coppia Straulino-Rode nelle sette regate: 2, 1, 2, 2, 1, 2, 1. Stracciarono tutti. E dire che Straulino, nato a Lussinpiccolo e abituato ad andare in barca fin da bambino (con una “passera” partiva ogni mattina per andare a scuola) di regate non ne voleva sapere. Diventò timoniere per caso. “Quando ero all’Accademia di Livorno - raccontò in seguito - c”era molta rivalità tra i cadetti e gli allievi ufficiali di complemento come me”. E la rivalità si misurava anche in mare. Un giorno gli allievi di complemento furono radunati e Gigi de Manincor (diventato poi anche lui velista olimpico) chiese: “Chi vuole fare il timoniere, si faccia avanti”. Dalla fila scattò un genovese, Bruno Veronese diventato poi famoso progettista di barche. Un prodiere? Chiese ancora de Manincor. Silenzio, nessuno si fece avanti. Poi guardò in faccia Straulino e gli chiese: “Tu sei di Lussino? Allora sei imbarcato”. Nella prima regata della nuova coppia, Straulino si ferì ad una mano e allora Veronese gli disse: “Dai, vieni tu al timone che qui basta una mano sola”. E nacque l’astro invincibile. Per 48 anni dopo Straulino nessun velista italiano riuscì a vincere un oro olimpico finché il tabù fu infranto nel 2000 a Sydney dalla giovane Alessandra Sensini. Quando scoppiò la seconda guerra mondiale Straulino fu mandato nei gruppi Gamma. Unità speciali per le incursioni subacquee. Sbarcò come clandestino da un mercantile a Barcellona e alla spicciolata raggiunse Algesiras, un paese spagnolo di fronte a Gibilterra. Si nascose con altri compagni a villa Carmela, un casale a nord del paese, su una lunga spiaggia. Sulla finestra di un sottotetto aveva messo una gabbia di canarini e da dietro la gabbia con un potente cannocchiale scrutava le navi inglesi e americane che giungevano in rada cariche di materiale per la guerra d’Africa. Individuati i bersagli si immersero di notte con un autorespiratore che aveva non più di 15 minuti di autonomia e nuotando in superficie raggiunsero i bersagli, attaccarono le cariche esplosive e tornarono indietro a nuoto. Due miglia andare, due miglia tornare. Straulino fu investito dall’elica di una motovedetta inglese che lo aveva avvistato. Tornò in Italia e fu mandato a sminare porti in Istria. Poi la carriera velica e il comando di Nave Vespucci con la quale passò il ponte levatoio di Taranto con le sole vele. “Ma c’era un bel venticello, cosa ti vol che sia” raccontava poi lui a chi gli chiedeva come diavolo avesse fatto a non strusciare neppure un parabordo sugli spigoli di cemento. Straulino, un uomo di gran cuore, di gran cervello e di grande umanità, era famoso anche per un’altra cosa: le sue narici. Come sentiva lui il vento nel naso, nessun altro c’è mai riuscito. Fiutava i cambiamenti prima del barometro» (Carlo Marincovich, “la Repubblica” 15/12/2004).