Varie, 5 ottobre 2004
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Acosta Carlos
• L’Avana (Cuba) 2 giugno 1973. Ballerino • «“Pionieri del comunismo!”, gridavano i suoi insegnanti all’inizio di ogni lezione. I compagni rispondevano in coro “Saremo come il Che!”. Ma lui al Che sostituiva segretamente Pelé. Perché la prima etoile nera del Royal Ballet, nella Cuba di Fidel Castro sognava di fare il calciatore. Se oggi è considerato l’erede di Rudolf Nureyev, il miglior ballerino della sua generazione, lo deve al padre camionista, che per sottrarre l’undicesimo figlio alla strada, alla break-dance e alle cattive compagnie lo obbligò, spesso a suon di percosse, a frequentare la scuola di ballo. Da un appartamento senz’acqua a Los Pinos, un sobborgo dell’Avana, ai palcoscenici più importanti del mondo. Carlos Acosta, il cui nome in Gran Bretagna, Paese che lo adora, è sinonimo di grazia, mascolinità e forza atletica, ne ha fatta di strada: è una star in grado di far registrare il tutto esaurito in pochi minuti o di fare impennare le vendite delle testate che lo mettono in copertina. Per lui hanno fatto carte false i direttori dei principali corpi di ballo, da Ivan Nagy del National English Ballet, che gli offrì il primo contratto all’estero, a Ben Stevenson, che lo convinse a lasciare Cuba alla volta di Houston, il Texas e quella che allora considerava “la patria dell’imperialismo”, ad Anthony Dowell, del Royal Ballet, che gli ha dato la possibilità di fare suoi i grandi ruoli del repertorio classico, sino ad arrivare al primo Romeo “mulatto”, come si autodefinisce Acosta, nella storia della compagnia. Sogna ancora i fagioli neri con riso che cucina sua madre, il puerco, i tamales, il mojito vero — “In Inghilterra usano troppa menta” — eppure, a 34 anni, i suoi impegni lo tengono lontano dalla Cuba che non ha mai smesso di amare, “dal mare, il sole, la salsa”. Casualmente è stata l’Italia il primo Paese estero ad assaggiare il suo talento, grazie a uno scambio culturale con il Teatro Nuovo di Torino. “Avevo 16 anni: il Nuovo aveva un corpo di ballo di una quindicina di elementi soltanto e spazio a volontà: un teatro moderno, cinque sale per le prove. Ambientarsi non è stato semplice”. Oggi la Cenerentola al maschile della danza classica non ha più di questi problemi. È lui a portare all’estero colleghi cubani [...] Non ha bisogno di chiedere due volte per realizzare progetti come Tocororo - Una favola cubana, balletto autobiografico da lui ideato che [...] fece realizzare il tutto esaurito. [...] Come lui non c’è nessuno, assicurano gli esperti. Nessuno è così naturale in scena, nessuno ha tale magnetismo, nessuno esplode da dietro le quinte “con la forza e l’energia — a leggere il Sunday Times — di una tigre finalmente libera”. Se per le donne è diventato un idolo (una venerazione reciproca), crede di dovere il suo successo non tanto all’innegabile virilità ma al fatto che ballando si sente felice da sempre, o meglio da quando ha chiuso per sempre in un cassetto il sogno di diventare calciatore» (Paola De Carolis, “Corriere della Sera” 23/9/2007).