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 2004  ottobre 04 Lunedì calendario

Efimov Boris

• (Boris Friedland) Kiev (Ucraina) 28 settembre 1900, 30 settembre 2008. Disegnatore. «Caricaturista amato da Trotzkij, fu il prediletto di Stalin, ma ha continuato con Krusciov, Andropov, Breznev, Eltsin, Gorbaciov. Putin [...] l’ha insignito di un’alta onorificenza russa [...]. Da piccolo è stato accarezzato dallo zar Nicola II. [...] ”La mia vita cambiò nel 1919 dopo aver ascoltato a Kiev un discorso di Trotzkij. La città era minacciata da una banda di briganti (ora li chiamerebbero terroristi) e a salvarla furono proprio le sue parole, quelle del vero capo della Rivoluzione e fondatore dell’Armata rossa. Con la sua voce stentorea diede il coraggio a tutti di reagire [...] Nel 1924 stavo entrando con le bozze del mio primo libro all’’Izvestia’, il giornale dei Soviet dove lavorava mio fratello che si firmava Mikhail Koltsov, e lo incontrai. Mi chiese cosa avevo in mano e gli spiegai che erano le caricature sugli uomini della Rivoluzione [...] Le sfogliò attentamente e mi chiese se desideravo una sua prefazione. Così nacque la nostra amicizia. Fu generoso perché scrisse: ”Ha un grande talento di osservatore discreto dei movimenti della vita e sa evidenziare la debolezza dei protagonisti del mondo politico. politicamente impegnato nel tiro al bersaglio’”. Cosa fece nel 1929, quando Trotzkij fu costretto all’esilio da Stalin? ”A mio rischio e pericolo andai a salutarlo a casa sua. Fece un gesto, nell’accomiatarsi, che mi commuove ancora: mi mise il cappotto sulle spalle. Si poteva tradurre così: vai via e non tornare più, comunque grazie. Penso che capì e mi perdonò le vignette che dovetti fare contro di lui [...] Stalin mi osservava. E proprio nel ”29 mi mandò con una delegazione dell’aeronautica sovietica in visita a Mussolini. C’era anche mio fratello, che fu un grande giornalista e un eroe della guerra di Spagna e che Stalin fece uccidere nel ”38”. Che impressione ebbe di Mussolini? ”Ci ricevette a Villa Torlonia, facendoci attendere tantissimo in piedi. Poi si presentò in abito bianco, molto abbronzato, con le scarpe a due colori. Ci strinse la mano a uno a uno, quindi iniziò un discorso di ringraziamento alla ”Grande Russia’, i cui aviatori avevano salvato quello che rimaneva della spedizione di Nobile [...] Stalin mi diede l’ordine di osservare se fosse vera o solo una montatura la ferita al naso di Mussolini, dopo un attentato. Erano state fatte persino delle cartoline in cui c’era il Duce con il cerotto sul naso [...] Dissi a Stalin: o la chirurgia in Italia ha superato tutti i livelli o è una trovata politica. L’abbronzatura, del resto, era perfetta... [...] ebbi ottimi rapporti con Italo Balbo. Fu lui a dirci di non andare dal Re, perché non contava. E ancora con lui brindai da una finestra che dava su piazza San Pietro quando Pio XI si affacciò, ormai non più prigioniero dello Stato italiano [...] Mi ricordo un cartello sul tram che diceva: ”Non sputare dal finestrino per l’onore della patria’. Poi del pasticcio che capitò dopo l’udienza di Mussolini: il Duce ci salutò romanamente, e quella foto fece il giro del mondo. La stampa francese, in particolare, scrisse che era scoppiato l’amore tra i bolscevichi e i fascisti”. Cosa successe a Mosca? ”Per qualche mese ci ritirarono il passaporto (però ho potuto viaggiare dove volevo). La motivazione, sicuramente dettata da Stalin, diceva che eravamo puniti ”per il mancato incontro con i capi dell’aeronautica italiana’ [...] Su di me c’era l’ombra dell’amicizia con Trotzkij, ma non mi hanno mai arrestato, anche se dal 1938 al 1941 avevo la valigia pronta per la prigione”. [...] conosceva bene Stalin... ”Sì, lo conoscevo. Una volta in una riunione alla ”Pravda’ disse: ”La caricatura politica nel giornale non è meno importante degli articoli, perché il messaggio politico per immagine deve essere comprensibile anche ad ogni duràk, a ogni scemo del villaggio’... [...] Come sua abitudine, chiamava verso mezzanotte per ordinarmi delle vignette. Lo faceva con la sua voce bassa (non la alzava mai), glaciale, cominciando subito il discorso e senza i saluti. Quasi sempre questi incarichi erano per la prima pagina della ”Pravda’ e lui scriveva personalmente la didascalia. Seppi anche che collezionava le mie vignette [...] Una notte mi telefonò per chiedermi una caricatura contro Eisenhower. Erano gli anni della guerra fredda e gli Usa stavano costruendo basi in Alaska, cosa che lo fece arrabbiare. Disegnai con molta tensione e inviai la vignetta ma, disgraziatamente, insieme agli orsi e alle armi aggiunsi un pinguino. Stalin scrisse la didascalia in alto e non si accorse di quell’intruso. Nessuno osò fare osservazioni, anzi sino al 1953, anno della sua morte, nei libri sovietici si sosteneva tranquillamente che al Polo Nord – e non soltanto al Polo Sud – vivono i pinguini [...] Goebbels mandò note di protesta per le mie caricature [...] il primo fu Chamberlain, il francese Daladier mi odiava, e così il polacco Pilsudski. L’elenco è lungo. Ricordo soltanto che Mussolini non fece alcuna rimostranza [...] dopo l’attacco all’Urss del 1941, le SS avevano ricevuto l’ordine, appena i tedeschi fossero entrati in Mosca, di catturare e uccidere subito due persone sulla Piazza Rossa. Una era lo speaker della radio (un ebreo con una bellissima voce da basso), l’altro ero io [...] credo che Stalin desiderasse essere padrone della vita e della morte altrui, lasciando le situazioni sospese. Con me avrà detto: costui è un bravo caricaturista e vignettista e mi potrà essere utile [...] mio fratello fu ucciso. Non lo sapevo perché al tempo di Stalin si poteva essere condannati al carcere senza il diritto di ricevere o di spedire posta. Questo, si scoprì dopo, equivaleva alla morte. Io credevo che mio fratello fosse in un carcere duro, invece era già stato soppresso” [...]» (’Corriere della Sera” 29/9/2004).