Franco Cardini, ཿAvvenire 24/9/2004;, 24 settembre 2004
«Lo storico d’oggi non può fare a meno del telegiornale. Una benedizione: notizie sempre fresche di giornata, servite per giunta con quel complemento prezioso per l’indagine storica che è l’immagine viva
«Lo storico d’oggi non può fare a meno del telegiornale. Una benedizione: notizie sempre fresche di giornata, servite per giunta con quel complemento prezioso per l’indagine storica che è l’immagine viva. Il telegiornale, però, è un farmaco: nel senso etimologico del termine. necessario per mantenere o per recuperare la salute mentale, ma contiene in sé anche un po’ di veleno e non va mai assunto senza antidoti (che magari possono essere altri telegiornali). I due limiti fondamentali del telegiornale sono la sua collocazione politica da una parte, il suo bisogno di audience da un’altra. Il primo limite, quando si trasforma in difetto, tende a far scivolare l’informazione verso la disinformazione o l’informazione difettosa e distorta; il secondo tende a far sé che le notizie serie e magari gravi cedano il posto al leggero, al mondano, all’irrilevante. I tg italiani corrono questo rischio: l’esigenza di assicurarsi un’alta audience incoraggia la tendenza a dare spazio eccessivo al futile e al cronistico. Credo che - a parte le ”multinazionali dell’informazione”, come la Cnn o al-Jazeera - quelli che fanno meglio il loro mestiere sia la Bbc, seguita a ruota da francesi e tedeschi che collaborano sempre più tra loro (la rete Arté è esemplare: per questo noi italiani non abbiamo accettato di collaborarvi) e anche dagli spagnoli. Ma i difetti dei nostri tg sono lo specchio dei vizi della nostra società civile. Siamo vittime di noi stessi: una società disinformata, demotivata, disattenta, futile. Lo si vede purtroppo dalle telefonate o dai fax che giungono nelle redazioni: attenzione per lo sport e per la cronaca, meglio se ”nera”, affezione ai talk show ”a bocca aperta” e ai fenomeni di voyeurisme tipo Grande Fratello, pochissima informazione politica assunta il più delle volte con spirito analogo a quello calcistico: arabi contro israeliani, Bush contro Kerry e così via. così che la nostra società cresce poco e male sotto il profilo civico. La terapia? Rendersi conto dei nostri difetti e cercar di emendarli. Ma per questo, appunto, ci vorrebbe un’informazione che imbonisse di meno e formasse di più. Rischiosa per chi la propone, difficile e sulle prime ”pesante” per il pubblico che deve accoglierla».