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 2004  settembre 23 Giovedì calendario

Virilio Paul

• Parigi (Francia) 1932. Filosofo • «Di solito viene considerato il teorico della velocità, l’autore di Velocità e politica, un rivoluzionario saggio di “dromologia” (dal greco dromos, velocità) che nel 1977, quando comparve in Francia, fece scalpore, venendo non da un filosofo di professione, ma da un architetto-urbanista che non nascondeva il suo interesse per la pittura e il cinema. Ma da quando Paul Virilio, classe 1932, “un figlio della guerra” come si definisce lui stesso, ha cominciato a parlare di “Cernobyl informatica” e di perdita del senso della realtà indotta dalle nuove tecnologie, la sua irruzione nel cyberspazio, dominio riservato agli incubi di celluloide e alle utopie negative alla William Gibson, autore di celebri racconti di fantascienza (la serie Johnny Mnemonick),è stata tacciata di eclettismo. Eppure questo autodidatta, diventato filosofo e da tutti ormai considerato tale, che ha saputo conciliare la passione estetica e il pensiero, gli studi di architettura (e di fisica) con la frequentazione dei corsi di filosofia tenuti da Maurice Merleau-Ponty, non ha fatto che proseguire le sue riflessioni sui rapporti tra le tecnica e il territorio, tra la velocità e la percezione. Constatando che il “qui” dello spazio corporeo stava per cedere il passo all’“ora” del tempo reale. E che un’altra energia, potenzialmente più devastante di quella atomica, si preparava a deformare tutto ciò che è umano: la città, l’economia, il potere, perfino la guerra. Così l’autore de La Bomba informatica (pubblicato in Italia da Raffaello Cortina) è diventato il difensore dei diritti della realtà contro la tirannia del virtuale, un critico del lato oscuro della tecnologia che, a differenza dei suoi precursori romantici, la conosce, la pratica, non la demonizza. Con e contro la tecnica. È l’atteggiamento di un hacker dello spirito. La profezia, invece, resta quella di un urbanista diventato filosofo: l’avvento di una città parallela multimediale incuneata nella periferia degli esclusi dalle comunicazioni superveloci,i nuovi prolet (la classe inferiore del 1984 di George Orwell) creati dal digital divide. Uno scenario olimpico degno di Huxley o dell’ultimo Ballard dove Virilio vede agitarsi un fantasma anche troppo noto alla sua generazione: quello del totalitarismo» (Attilio Scarpellini, “L’Espresso” 14/11/2002). «Sono ormai molti anni che mette in guardia contro gli eccessi dell’ottimismo tecnologico, denunciando i limiti e i rischi di un progresso incontrollato. [...] filosofo francese, che alcuni considerano una fastidiosa Cassandra[...] “dobbiamo domandarci fin dove siamo disposti a spingerci. Il progresso implica per definizione l’accettazione di un rischio: oggi, però, certi rischi non sono più accettabili. Occorre fermarsi, rinunciare a certi progetti in nome del principio di responsabilità. E dobbiamo avere il coraggio di affrontare la questione della finitezza della tecnica e della scienza rispetto ai limiti del nostro pianeta. La Terra e le sue risorse sono ‘finite’, nel senso che hanno dei limiti, di conseguenza il progresso e il profitto non possono più essere infiniti. Il blackout generalizzato, l’incidente, la catastrofe rappresentano la fine del sistema, il suo limite, la potenza che cambia di segno e si ritorce contro di noi. Dobbiamo rimettere in discussione l’euforia tecnologica dominante. Solo così, forse, ci salveremo”» (Fabio Gambaro, “L’Espresso” 9/10/2004).