Varie, 22 settembre 2004
VALLORANI
VALLORANI Nicoletta Offida (Ascoli Piceno) 7 febbraio 1959. Scrittrice • «Una vera esperta di narrativa ”di genere” sia sul piano pratico che su quello teorico. Docente di Letteratura inglese contemporanea, si è laureata con una tesi sulla fantascienza (’Con Carlo Pagetti, l’unico a tenere corsi di questo genere”) e ha lavorato per diversi anni come redattrice della collana ”Urania” della Mondadori. Il suo primo libro lo scrive per scommessa: ”I miei colleghi non volevano credere che potesse esistere un buon romanzo di fantascienza ambientato a Milano e per di più scritto da una donna”. Seguono alcuni gialli - quasi tutti ”comici, solari” - pubblicati da Marcos y Marcos, Granata Press e Derive & Approdi. Con Eva questa scrittrice defilata, già apprezzata in Francia per i suoi noir, debutta con un grande editore. E per un’ironia della sorte, insieme a questo cupo fantathriller per lettori dallo stomaco forte questa scrittrice a due facce ha mandato in libreria un romanzo per ragazzi, La fatona (Salani), una favola ironica e fantasiosa che riesce a parlare di cose serie (’Come difendersi dalla tv, un tema quasi politico, oggi”) senza però cadere nella pesantezza. Anche Eva mette sul piatto, in bella vista tra gli elementi obbligati del thriller, temi molto dibattuti negli ultimi anni. ”Il carattere pervasivo delle guerre, con una copertura mediatica sempre più forte, ha cambiato il nostro modo di percepire la morte: la viviamo ormai come rappresentazione e non più come perdita”, spiega la scrittrice. Su un tema del genere c’è chi ci scrive un saggio, la Vallorani invece ci ha costruito intorno un thriller. Lo ha arricchito con un’attenzione per l’arte contemporanea nata dalla collaborazione con un artista milanese, Mario De Carolis. E lo ha ambientato nel 2023, un anno da canzonetta ripetuto come un ritornello ad ogni inizio di capitolo, in una Milano semidistrutta, ”una specie di piccola Stalingrado”, da anni di ”guerra glupan” (’cogliona” in serbo) e di terrorismo. in questo scenario di dopoguerra corrotto e malato che nasce la follia dell’’Artista”, che come un Robin Hood sanguinario colpisce chi si è arricchito con la guerra jugoslava. ”Per documentarmi ho raccolto - dai giornali, da racconti di gente che è stata in quei posti o da libri come Territorio Comanche di Arturo Perez Reverte - storie di vita quotidiana, dei poveracci che sono rimasti stritolati da una macchina da guerra incomprensibile”. A un killer a suo modo ”buono” corrisponde un investigatore ”cattivo”, un ex bombarolo ossessionato dagli ”occhi kirghisi” di una ragazza morta nel suo ultimo attentato. Uno che si presenta così: ”Da giovane avevo ucciso gente senza ragione, perciò mi era più facile entrare nella testa di un omicida”. [...] al contrario del Thomas Harris che ha inventato Hannibal the Cannibal, la Vallorani è una persona ”normale”: è difficile immaginarla alla sua scrivania, a cesellare per due anni le sadiche imprese dell’’Artista”, mentre accanto a lei crescono le sue due bambine. ”Scrivere è un modo per dar voce a quello che c’è di peggio in te in modo non socialmente pericoloso, e questa esigenza può essere più forte quando la maternità ti obbliga a imbavagliare ancora più del solito i tuoi lati negativi”. [...]» (Angiola Codacci Pisanelli, ”L’Espresso” 30/5/2002).