Varie, 21 settembre 2004
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THIONGO Ngugi Wa Limuru (Kenya) 5 gennaio 1938. Scrittore • « Nel 1978, quando fui rilasciato, dopo un anno di prigionia, da un carcere di massima sicurezza del Kenya a causa del mio lavoro, ritenuto pericoloso dallo stato keniota, in un teatro della comunità, una delle persone che venne a trovarmi fu Alberto Moravia
THIONGO Ngugi Wa Limuru (Kenya) 5 gennaio 1938. Scrittore • « Nel 1978, quando fui rilasciato, dopo un anno di prigionia, da un carcere di massima sicurezza del Kenya a causa del mio lavoro, ritenuto pericoloso dallo stato keniota, in un teatro della comunità, una delle persone che venne a trovarmi fu Alberto Moravia. Le condizioni delle strade che portavano alla mia casa di Gutogoothi, in Limuru, erano pessime e l’auto con cui egli viaggiava si impantanò, dovemmo spingerla e ben presto sia lui che io fummo tutti imbrattati di fango. Apprezzai molto la sua solidarietà, soprattutto perché egli dovette letteralmente affondare nel fango per potere esprimerla. Da giovane avevo letto una versione inglese della Romana, e sin da allora fui toccato dalla sua capacità di comprendere gli emarginati sociali. Nel corso della nostra conversazione pronunciò la parola buono, che mi riportò ad un incontro ancor più lontano. Sono nato nel 1938 a Limuru, in Kenya, e uno dei ricordi della mia infanzia riguarda alcuni uomini italiani che venivano nei nostri villaggi a chiedere in swahili Wapi Mayai? Quando incontravano qualcuno dicevano una parola come buono, buon giorno o buona sera, e persino nel corso delle trattative sul prezzo delle uova usavano la stessa parola, buono, che a noi in gikuyu, la lingua della zona, suonava come Mboono; e così li chiamammo Mboono, ossia coloro che dicono sempre buono. Non associammo mai gli Mboo no alla vicina Missione cattolica italiana; era come se questi Mboonos appartenessero ad una tribù diversa da quella dei preti e delle suore cattoliche. Sembravano più gentili, più accessibili, e interagivano meglio con la comunità locale. Gli Mboonos costruirono una strada che, attraverso la grande Rift Valley, collega Nairobi a Nakuru, due delle maggiori città del Kenya, e che divenne il termine di paragone di tutte le altre strade costruite in seguito nella zona. La chiesetta che costruirono, durante le ore di riposo, sul pendio della montagna, è ancora un luogo di attrazione turistica. Uno di questi Mboono ebbe un impatto molto forte sulla nostra famiglia, non per motivi materiali, ma per aver lasciato il segno di una promessa. Wairimo, una delle mie sorelle, o Wabia, come la chiamavamo noi, era rimasta zoppa a causa di quel che oggi chiamiamo poliomelite; non poteva camminare se non con il supporto di grucce, ma anche con queste per soli pochi metri. Era anche cieca, ma aveva gli occhi più belli che io abbia mai visto, e il tono ed il timbro della sua voce erano sorprendenti. Sedeva tutto il giorno in cortile a cantare e a raccontare storie a noi bambini. L’amavamo molto, perché potevamo sentire ed essere in comunione con la grande anima che traspariva dalle sue canzoni e dalle sue storie. Un giorno, un nuovo Mboono venne a trovarci con altri Mboonos e quando le guardò gli occhi disse con certezza che potevano essere curati. Pagò le uova e se ne andò, promettendo che sarebbe tornato per migliorare le sue condizioni. Per noi, questo Mboono possedeva il sapere che avrebbe liberato nostra sorella dalla sua esistenza immersa in una notte infinita. Sarebbe diventato il portatore del dono della seconda vista e attendevamo il suo secondo ritorno con Speranza. Ebbene, non lo vedemmo mai più. Lui e tutti gli altri Mboonos sparirono all’improvviso dalla nostra vita. Più tardi scoprimmo che i nostri Mboonos erano prigionieri di guerra e che erano stati rispediti tutti a casa, in Italia. Per una strana ironia, la fine della guerra, che aveva tolto la vita ad uno dei miei fratelli, combattente nell’esercito britannico a Burma, non aveva giovato affatto a mia sorella né personalmente né, in senso più ampio, socialmente. Alla seconda guerra mondiale seguirono le guerre e le lotte anticoloniali con le quali si tentò di ridisegnare la mappa del potere mondiale. Le entità geografiche indipendenti emersero da quelle lotte sullo sfondo della guerra fredda e della polarizzazione tra Est e Ovest. Gran parte dell’Africa, dell’Asia e del Sud America passò da un rapporto coloniale a un rapporto postcoloniale con l’Euro-America. [...]» (’La Stampa” 26/1/2001).