Varie, 21 settembre 2004
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TaylorWood Sam
• Londra (Gran Bretagna) 20 aprile 1967. Artista • «Ha ritratto la star del calcio inglese David Beckham in un video lungo un’ora. Lui non segnava nessun goal. Semplicemente, dormiva. Vulnerabile e miseramente umano, non più divo. Poi ha deciso di passare del tutto dietro la macchina da presa e con un progetto ambizioso: raccontare in un film la vita del poeta e pittore William Blake. [...] è un’artista che non si arrende mai. E che ama le sfide. Soprattutto quelle emotive: nei suoi video ha sempre mandato in scena i sentimenti più violenti, rabbia, delusione, dolore e passioni sconvolgenti. Un teatro della crudeltà il suo, che scuote lo spettatore gettandogli in faccia la sua “ombra”, quei momenti convulsi, inconfessabili, che in genere si rimuovono per vivere tranquilli nella comunità sociale, mescolarsi abilmente con gli altri e non apparire come dei disadattati sull’orlo di una crisi di nervi. Nei tre schermi di Atlantic, per esempio, aveva costretto il visitatore della Biennale a assistere a una lite di coppia in un ristorante. In Hysteria aveva ripreso una risata così deflagrante che si convertiva nel suo contrario, in un pianto disperato. Lacrime ancora scendevano giù per le guance di alcuni tra gli attori più noti di Hollywood nella [...] serie fotografica Crying Men che indagava nei recessi dell’intimità maschile, smascherando fragilità indicibili. Sempre in bilico tra il profano e il mistico, in Wrecked aveva rimpiazzato l’immagine di Gesù nell’Ultima cena con una donna in topless, in piedi, tra i commensali. Erano i tempi di Sensation e fare “rumore” con l’arte era una tendenza accredita presso la nuova onda inglese. [...] una serie di grandi fotografie come Self Portrait Suspended (la sfida alla forza di gravità e dunque alle leggi “naturali”) con immaginari salti di corpi finalmente liberi e non più - figurativamente - imprigionati in ruoli e stereotipi, alcuni piccoli lightboxes (The Passion Cycle) e immagini scattate in Russia e Africa. A essere sospesa, angelo volante nell’atelier, è la stessa artista, aiutata in questa impresa circense da un giapponese esperto di nodi e corde che l’ha legata in modo da offrire l’illusione di libertà dai vincoli terreni (le funi sono state poi cancellate digitalmente). Taylor Wood oscilla nel vuoto, abbandonata in una condizione disinvolta, quasi di creatura celeste. Venticinque sono invece i lightboxes di The Passion Cycle: traggono tutti ispirazione dalle celebri incisioni erotiche giapponesi, quelle del periodo Edo. Le foto immortalano una coppia di amanti in varie pose sessuali sullo sfondo di una camera da letto riccamente decorata, che produce un effetto straniante. L’amore carnale diventa così una metafora dell’energia vitale, quella che va lasciata scorrere, oltre ogni possibile convenzione sociale» (Arianna Di Genova, “il manifesto” 11 gennaio 2005). «La lepre rappresenta la passione e il desiderio. Ma è imbalsamata. La giacca a doppiopetto ha un petto solo. Sam Taylor-Wood guarda, sfrontata, diritto nell’obiettivo. Ben visibile in mano il comando dell’autoscatto. Autoritratto con vestito a un petto solo e lepre (2001) è una delle opere più ironiche e simboliche [...] di Sam Taylor-Wood [...] artista tra le più interessanti della Young British Artist Generation. E senz’altro la più glamour. Manifesto di black humour, l’autoritratto è una coraggiosa sdrammatizzazione della sua battaglia contro un cancro al seno. In scena l’allusione ironica al suo corpo mutilato, e nella lepre tutta la frustrazione per il desiderio portato via dalla chemioterapia. [...] Premio miglior giovane artista alla Biennale di Venezia ’’97, nominata per il Turner Prize nel ’98, dopo una personale di grande successo alla Fondazione Prada di Milano [...] Fotografa e film-maker, le sue opere hanno la bellezza e la perfezione tecnica delle foto di moda e dei videoclip musicali. Celebre per i suoi giganteschi tabloid, spesso affollati di celebrità, l’artista raggiunse la fama quando impacchettò i grandi magazzini Selfridges di Oxford Street. In una parodia dei fregi del Partenone celebrò il tempio dello shopping con i ritratti delle moderne divinità dello showbiz. Da allora, e attraverso i molti ritratti dei vip della moda suoi amici, è sempre stata accompagnata dall’etichetta di artista “da Vogue”, che ha un po’ minato le sue credenziali di serietà. Non l’ha aiutata il matrimonio con il suo agente Jay Joplin, il mercante d’arte più influente della Gran Bretagna, nonché figlio di Lord Eton, ex ministro Tory. Se è difficile non vedere le opere di un artista alla luce delle esperienze personali, nel caso di Taylor-Wood è impossibile. Nel 1997, dopo aver partorito la prima figlia Angelica, scoprì un tumore al colon. Ne guarì. L’anno dopo le venne diagnosticato un cancro al seno. A vincere la seconda battaglia con il male contribuì l’amicizia con Elton John. Che la chiamò a girare il suo ultimo video, I Want Love. La vita in vetrina degli ultimi anni, nel dolore come nelle amicizie altolocate, fa sì che il glamour delle sue nuove opere sia pervaso come mai da una cupa introspezione, commemorazione della vulnerabilità del corpo e delle forze interiori che aiutano a resistere. La sua costante stilistica, l’ispirazione ai grandi maestri del passato e alla iconografia della pittura classica, specie al Rinascimento e al Barocco, torna prepotentemente con un’attenzione più forte al contrasto tra il sacro e il profano. [...] I critici di Taylor-Wood hanno sempre nutrito un sospetto verso le sue opere: che l’estrema bellezza e perfezione tecnica delle sue fotografie e film, unite ad alcune astuzie prese in prestito dalla pubblicità e dalla moda, siano le vere ragioni del suo successo. È un sospetto che per altri versi perseguita anche gli altri artisti della sua generazione di “conceptual artist”, da Damien Hirst a Tracey Emin. Ma sin dai tempi di Soliloquy, lei ha scelto di allontanarsi dal più gelido concettualismo, concentrandosi su una suggestiva e decadente rappresentazione della realtà» (Annalisa Piras, “L’Espresso” 2/5/2002).