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 2004  settembre 18 Sabato calendario

DIRIE

DIRIE Waris Gaalkacyo (Somalia) 1965. Modella • «Uno scatto a colori, ma con sofisticato effetto black and white del calendario Pirelli 1995 edizione Terence Donovan. Un ruolo con Bond, James Bond versione Timothy Dalton. Poi la girl delle pellicole d’azione scrive una storia, la sua storia, ed Elton John le chiede di girarne un film. Le strade di New York tappezzate col suo profilo fiero e sottile, testimonial per anni delle linee Revlon dedicate alle black beauty. E poi, naturalmente, Vogue, Harper’s Bazaar, Milano e Parigi in passerella. Della sua vecchia vita [...] restano tracce scarne ma inequivocabili. [...] è stata la prima donna approdata dal Terzo al Primo mondo a rivelare quel che lei, come tutte le donne che sono state sessualmente mutilate da bambine, non vorrebbe neppure raccontare a se stessa. Una testimonianza d’orgoglio che [...] sollevò la cortina di silenzio. L’ostacolo numero uno delle mutilazioni femminili è che le donne non ne parlano. Lei lo fece col massimo clamore e con la massima discrezione possibile: scrivendo un libro che fu tradotto in 14 lingue. Raccontava la sua storia: ”Sono stata circoncisa da una mammana quando avevo 5 anni. A 12 mio padre cercò di farmi sposare, in cambio di cinque cammelli, a uno straniero sessantenne. Attraversando da sola il deserto sono fuggita e ho raggiunto Mogadiscio, dove viveva una mia sorella, scappata anche lei alla medesima situazione. Non sapevo come vivere: ma lì avevo uno zio, che ha accettato di prendermi in casa, in cambio di pesanti lavori domestici. Quello zio mi passò poi a un altro zio, che mi richiedeva come cameriera perché ero diventata abbastanza brava: quando questi si trasferì a Londra, mi portò con sé. A Londra fu facile trovare un lavoro da Mc Donald’s, e mettere da parte i soldi per affrontare un’operazione che mi togliesse almeno i forti dolori che avevo dall’età delle prime mestruazioni”. Waris è giovane, e molto bella, molto determinata: il salto nel mondo rutilante della moda, negli Anni Novanta in cui le bellezze nere diventano trendy, le cambia la vita» (Antonella Rampino, ”La Stampa” 18/9/2004).