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 2004  settembre 17 Venerdì calendario

Singh Khushwant

• Nato ad Hadali (Pakistan) il 2 febbraio 1915. Scrittore. «Uno dei più noti scrittori indiani, si fa fotografare il meno possibile e vive una vita blindata. Otto uomini montano la guardia notte e giorno alla sua casa di Nuova Delhi e due lo seguono ovunque vada. La sua colpa? Essere un sikh. Un sikh nemico dei sikh da quando si è schierato contro la campagna terroristica orchestrata dal capo dei fondamentalisti della setta indiana. ”I fanatici sono uguali sotto ogni religione [...] I sikh che mi hanno condannato a morte non sono per nulla differenti dagli integralisti islamici che hanno perseguitato il mio amico Salman Rushdie. La sola differenza è che i sikh integralisti all’estero sono meno diffusi dei fanatici musulmani. Così, al contrario del povero Salman, io posso ancora viaggiare”, conclude. Nella sua lunga vita Khushwant Singh ha attraversato e raccontato nelle sue numerose opere uno dei periodi più oscuri nella storia di uno dei paesi più travagliati di questo secolo, l’India. E in Quel treno per il Pakistan, scritto nel 1951, subito dopo i massacri che seguirono l’indipendenza indiana, ne ha raccontato una parte. Nel 1947, l’anno del sangue, Singh aveva 32 anni.Viveva a Lahore, dove inziava ad esercitare la professione di avvocato, quando di colpo sikh e musulmani, che fino ad allora avevano pacificamente convissuto, cominciarono a scannarsi a vicenda. Singh decide allora di raccontare la tragedia ambientando la narrazione in un piccolo villaggio lungo la ferrovia. ”In quel villaggio”, ricorda Singh, ”volevo ricostruire il senso di fratellanza che univa sikh e musulmani. Io sono nato in un villaggio come quello”, ricorda mentre gli occhi si fanno lucidi, ”e continuo a credere che l’unico antidoto all’odio etnico sia l’amore. Se ti innamori di una musulmana, i musulmani non potranno più essere i tuoi nemici”. Singh, che si definisce un agnostico, ha sempre trattato nelle sue opere, del rapporto tra fede e morale. ”Ma non credo che la religione sia il fondamento di una vita morale”, precisa. ”Molti sikh giuravano sul libro sacro prima di trucidare donne e bambini. E così anche i musulmani, o i crociati. Del resto per sapere come comportarsi basta mettersi di fronte allo specchio, ogni sera, guardarsi negli occhi e chiedersi: ’Ho fatto del male, ho ferito qualcuno oggi?’ Sembra facile, ma è un esercizio molto duro a farsi [...] E non c’è bisogno di un Dio particolare per rispondersi”» (Marco Lupis, ”L’Espresso” 26/4/2001).