Varie, 17 settembre 2004
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Salinger Jerome
• D. New York (Stati Uniti) 1 gennaio 1919, Cornish, (Stati Uniti) 27 gennaio 2010. Scrittore • «Uno dei più noti scrittori del mondo. l’autore de Il giovane Holden, un classico che da mezzo secolo influenza generazioni di lettori. Allo stesso tempo Salinger è uno degli uomini più schivi nel mondo letterario americano. Da sempre protegge gelosamente la sua privacy e vive recluso nella campagna del New England. [...] si è vergognato per tutta la vita di avere il naso a uncino tipico di molti ebrei. Per molto tempo [...] aveva creduto di essere mezzo ebreo perché i genitori gli avevano nascosto le vere origini della famiglia. Solo da adulto venne a sapere che sia da parte di padre che di madre era ebreo. E fu proprio questo imbarazzo che lo portò a nascondere il suo vero nome dietro alle iniziali ”J.D.”: Jerome David Salinger, un nome che non lasciava dubbi su quale fosse la sua eredità culturale e religiosa. Eppure non fu la religione ebraica a dominare la sua esistenza. All’inizio degli anni Cinquanta praticò prima il buddismo e poi l’induismo, infine fu attratto da Kriya Yoga. Ma con l’inizio degli anni Sessanta abbandonò la religione lasciandosi trasportare invece da una totale dedizione all’omeopatia. Stessa cosa per la macrobiotica di cui si infatuò a partire dal 1966. Il continuo passaggio da una fede all’altra aveva forti ripercussioni sulla famiglia. ”Da un giorno all’altro voleva che io stessa rinunciassi a quello che avevo trovato”, racconta la sua seconda moglie, l’inglese Claire: ”per accettare completamente la sua nuova spiritualità. Le sue scelte mancavano totalmente di logica. E sono convinta che fosse solo un modo per nascondere il fatto che non si sentiva all’altezza di pubblicare quello che aveva scritto”. Il rapporto fra J.D. e Claire terminò con un divorzio nel 1966. Ma prima la costrinse a trasferirsi in aperta campagna senza nessun contatto con il mondo esterno: ”Mamma era praticamente in prigione con papà che la prendeva in giro se lei manifestava il desiderio di vedere amici”, racconta Margaret descrivendo i primi anni a Cornish. ”Perfino i contatti con la sua famiglia erano vietati. Anche adesso che è sposato per la terza volta mette sotto il torchio la sua giovane moglie Colleen che vuole avere contatti coi suoi familiari. La fa sentire come se questa fosse una debolezza di cui vergognarsi”. Eppure già negli anni quando era sposato con Claire questa esistenza al confino grondava di contraddizioni. Aveva comprato una casa colonica dove non c’era neppure acqua calda e allo stesso tempo pretendeva che Claire lavasse e stirasse le lenzuola due volte alla settimana.: ”Mi sono spesso domandata”, continua la figlia scrittrice: ”come mai le sue mogli e amanti, tutte donne giovani e intelligenti, potessero scomparire nel nulla, annientate da lui”. Pochissime persone potevano mettere piede nella tenuta di Cornish. Oltre alla governante e allo spazzino c’era Padre John e la signora Cox. ”Quest’ultima aveva una personalità così forte che neppure mio padre riusciva a dirle di no e accettava perfino i suoi inviti alle feste comandate: Natale, il giorno dell’Indipendenza e la Festa del Lavoro. Ma in queste occasioni era sempre di pessimo umore”. Talmente forte era la volontà di Salinger di vivere come un eremita che neppure un invito alla Casa Bianca lo smosse. Margaret racconta della volta che squillò il telefono di casa ed era Jacqueline Kennedy che chiamava. ”Parlò con mia madre e le disse di un ricevimento alla Casa Bianca. Mamma rispose con enorme imbarazzo che J.D. non ne voleva sapere. La First Lady chiese di parlare lei direttamente con lo scrittore”. Ma neppure le pressioni di Jacqueline lo smossero, e usò questa occasione per offendere la moglie dicendo che era solamente una donna vanitosa che non desiderava altro che mettersi un vestito da sera per andare a un ricevimento. ”Più faceva il recluso e più sentiva la sua privacy minacciata. I reporter si nascondevano anche sugli alberi. Si mise in testa che ci volevano sequestrare e che in agguato intorno alla casa ci fossero individui perversi”. Salinger allo stesso tempo non provava alcun ritegno di parlare apertamente davanti ai figli di qualsiasi cosa, anche la più riservata: ”Metteva in piazza qualsiasi accusa nei confronti di mamma, esprimeva sentimenti durissimi. Le dava apertamente della sgualdrina”. Claire se la faceva con molti uomini, alcuni appena una manciata di anni più vecchi dei suoi figli. Andava a letto con studenti universitari e spesso li invitava a passare la notte con lei mentre il marito dormiva in un cascinale a poca distanza dalla casa principale. Salinger la copriva di insulti ma sopportava le sue infedeltà perché già dai tempi della sua fede induista aveva aderito ad una sorta di castità che emergeva dalle parole dello Yogi Paramahansa Yogananda. ”Jerry e io non facevamo l’amore molto spesso”, racconta Claire ricordando la volta in cui lo fecero in cuccetta nel treno che li portava a Cornish: ”Per lui il corpo era il diavolo e mi ricordo quella volta così bene che sono convinta che fu allora che rimasi incinta di Margaret”. Ma Salinger visse la maternità della moglie con grande disgusto. Le disse che era rivoltante vedere il suo corpo trasformarsi. Quando fu Margaret a rimanere incinta, Salinger provò un tale disgusto per la maternità che cercò di convincere la figlia ad abortire. ”’Con che coraggio mi venne a dire che dovrei uccidere il mio bimbo?’, chiesi a mio padre che si limitò a rispondere: ”Eh, uccidere, uccidere! Ma che parolona drammatica. Sto soltanto esprimendo quello che direbbe qualsiasi genitore di una figlia nella tua situazione’”. Fu questa la dolorosa occasione che scatenò in Margaret il desiderio di sollevare la coltre di privacy che suo padre aveva costruito nel giro degli anni. ”Capii in quel momento che il mio sogno di un papà perfetto era venuto meno. Incominciai a rendermi conto che papà, pur con tutto il suo talento, non era né buono né cattivo. Mio padre mi aveva insegnato che bisogna vergognarsi profondamente di qualsiasi imperfezione. Vincere, essere di prima qualità, avere vero genio creativo era l’unica cosa che contava”. [...]» (Andrea Visconti, ”L’Espresso” 21/9/2000).