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 2004  settembre 14 Martedì calendario

Pierce Mary

• Montreal (Canada) 15 gennaio 1975. Tennista. «[...] una cavallona con occhiali e pugno del k. o. che scalciava ovunque rifiutando il morso di papà Jim, l’ex galeotto allontanato dalla famiglia addirittura dal tribunale [...] Una potenziale numero uno che, formata alla scuola di Nick Bollettieri in Florida, si presentava sul Tour nell’89, a 14 anni, ma sbagliava sempre scelte (allenatori, diete), sbagliava amori (la stella del baseball Roberto Alomar l’ha lasciata a un passo dalle nozze), sbagliava approccio e gestione delle partite importanti (vedi la finale del Roland Garros ’94 contro Arancia Sanchez e quella degli Australian Open ’97). Soprattutto, spuntava e s’eclissava ad alto livello con la facilità con cui metteva su peso, saliva e scendeva in classifica (numero 3 nel gennaio ’95, 130 a fine 2001), si infortunava (la spalla, la schiena, gli addominali) e perdeva partite quasi vinte: firmava il primo Slam a Melbourne ’95, tornava ad aggiudicarsene un secondo solo a Parigi 2000, ricompariva a maggio 2005 ancora agli Internazionali di Francia, ma veniva sommersa in un’oretta da Justine Henin. Quella, però, non era una bocciatura, era un trampolino di lancio [...]» (Vincenzo Martucci, ”La Gazzetta dello Sport” 10/9/2005). «[...] Per raccontare la disgraziata storia di Mary Pierce ci vorrebbe un romanzo: dal papà, l’ex galeotto, Jim, che veniva espulso dalla famiglia e anche da tutti i tornei Wta, ai troppi alti e bassi di un talento atletico che pure, d’eclatante, ha raccolto meno del previsto, e cioè Australian Open ’95 e Roland Garros 2000, perché la ragazzona non è mai stata un mostro di abnegazion e e disciplina. [...] ”La chiave è il lavoro, il morale l’ho sempre avuto, non il fisico che l’accompagnasse, e ho avuto tanti stop per la schiena che ho pensato al ritiro”. [...] di francese ha mamma, passaporto e vezzi da diva, e al Roland Garros ha pianto per i lazzi della folla. [...]» (Vincenzo Martucci, ”La Gazzetta dello Sport” 3/6/2005). «[...] mise che mandano in delirio i suoi numerosi fan. Bella ed eccentrica, dall’alto del suo metro e 80, per 60 chili di muscoli, la ventiquattrenne Mary è stata tra le prime a violare uno dei templi del tennis, Wimbledon, allorché osò esibire una poco ortodossa tuta fasciante aderentissima [...]» (Cristina Ferraro, ”L’Espresso” 25/2/1999). «In Francia [...] la considerano americana quando perde e enfant du pays quando vince [...] le sue smorfiette, quel tennis di potenza da fondocampo appreso nella fabbrica dei talenti di Nick Bollettieri in Florida, il collirio spremuto negli occhi durante i cambi di campo in cui sembra Eleonora Duse, teatrale, eccessiva, debordante come solo lei, Mary Pierce, sa essere. The body, il corpo [...] Non si è mai fatta problemi a parlare di creatina assunta in dosi massicce, Mary, figuriamoci se ha scrupoli nel raccontare come si è evoluto il suo rapporto con la Francia, il paese che si è accorto di amarla solo quando ha alzato la coppa dei moschettieri. Raggiunse la sua prima finale a Parigi nel ’94. Era una ragazzina nata in Canada da un (violento) papà americano e una (mite) mamma francese. ”Passai la notte della vigilia insonne. Oh mio Dio, il mio francese non è granché e dovrò fare un discorso: che cosa dirà il pubblico di me?”. I tiepidi applausi che accompagnarono la sconfitta con Arantxa Sanchez diventarono l’ovazione del 2000. La prima francese a vincere il Roland Garros dai tempi di Francoise Durr (1967): come si poteva non volerle bene? [...]» (Gaia Piccardi, ”Corriere della Sera” 3/6/2005).