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 2004  settembre 11 Sabato calendario

Seicento occhi puntati su di noi, ventiquattr’ore su ventiquattro. Sono quelli dei satelliti artificiali, che oggi sono nello spazio

Seicento occhi puntati su di noi, ventiquattr’ore su ventiquattro. Sono quelli dei satelliti artificiali, che oggi sono nello spazio. Generalmente, si definisce satellite artificiale qualsiasi oggetto costruito dall’uomo messo in orbita attorno alla Terra o a un altro corpo celeste. Attualmente nello spazio ne ruotano circa seicento, di diversa ”nazionalità” (ci sono quelli statunitensi e quelli russi, ma anche i giapponesi, i cinesi, i francesi, gli israeliani, gli inglesi e quelli dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea), che viaggiano su diverse orbite (geostazionari, polari o su un piano inclinato) e con diverse finalità (per le telecomunicazioni, per la meteorologia, per la navigazione, per le osservazioni astronomiche, per scopi militari o geografici...). Il genitore dei satelliti artificiali si chiama Sputnik. Fu lanciato dall’allora Unione Sovietica il 4 ottobre 1957 e rimase in orbita per 92 giorni. Seguì lo Sputnik 2, spedito nello spazio il 3 novembre 1957, con a bordo la cagnetta Laika, il primo essere vivente in orbita. Gli Stati Uniti guardavano con sospetto a quel misterioso progetto spaziale (erano gli anni della Guerra fredda) e cercarono di stare al passo con i tempi.  del 31 gennaio 1958 il primo successo a stelle e strisce: l’Explorer 1 aveva a bordo anche un contatore Geiger e segnò il debutto della raccolta di dati sulle radiazioni che circondano il nostro pianeta. Quanti passi avanti in cinquanta anni! Da allora la tecnologia si è evoluta e i satelliti artificiali sono diventati sempre più convenienti. Senza mai abbandonare lo scopo originario (militare), ci si è presto accorti che un punto di osservazione esterno all’atmosfera poteva dare risultati sorprendenti in diversi campi scientifici. Per la meteorologia innanzitutto: il Tiros fu messo in orbita il 1° aprile 1960 dagli Stati Uniti. Grazie a una telecamera all’infrarosso, a Terra giungevano immagini utilissime per lo studio dei movimenti delle nuvole e delle correnti marine. Sono immagini più che familiari per noi uomini del XXI secolo: la grande attendibilità delle previsioni meteo la dobbiamo proprio a questo tipo di satelliti. Anche l’osservazione dei cambiamenti dell’ambiente ha avuto notevole slancio: era il 23 luglio 1972 quando partì il Landsat, con lo scopo di monitorare lo stato dei ghiacci, degli oceani, della vegetazione e della crescita urbana. Attualmente, i satelliti più evoluti in questo campo permettono una risoluzione incredibile: riescono a distinguere particolari fino a un metro. In sostanza, se non ci sono disturbi nella trasmissione, è possibile leggere anche la targa di un’automobile. Ma uno dei campi di maggiore utilizzo dei satelliti è quello delle telecomunicazioni: le trasmissioni televisive ebbero il loro primo appoggio al di fuori dell’atmosfera il 10 luglio 1962, quando fu lanciato il Telestar 1. Oggi, oltre alle dirette via satellite, anche le telefonate viaggiano nello spazio. Un enorme vantaggio, visto che, altrimenti, sarebbe necessario sistemare milioni di chilometri di cavi (anche in fondo all’oceano) e curarne la manutenzione. Nonostante le differenti tipologie e finalità, i satelliti artificiali funzionano tutti pressoché allo stesso modo. Vengono lanciati da razzi vettori o navette spaziali (le più note sono lo Shuttle americano e l’Arianne dell’Esa) e vengono posizionati a una diversa altezza a seconda delle esigenze: circa 36 mila chilometri nel caso dei satelliti geostazionari, circa 1.000 chilometri per i polari. Il satellite geostazionario compie un’orbita quasi circolare attorno alla Terra e la sua caratteristica principale è che viaggia alla stessa velocità angolare del pianeta. Cioè, compie un’orbita completa in 24 ore. Se potessimo osservarlo da casa nostra, lo vedremmo immobile, come se fosse rigidamente ancorato al suolo. Il satellite geostazionario, da tale altezza, copre circa un terzo della superficie terrestre e, quindi, in teoria ne basterebbero tre per coprire tutto il globo. Il secondo vantaggio è che non richiede nessun tipo di meccanismo di inseguimento delle antenne di ricezione da terra. Gli svantaggi del satellite geostazionario sono il costo del lancio (è difficile raggiungere la quota), l’attenuazione del segnale trasmesso, la bassa definizione delle immagini rilevate e la vista distorta delle calotte polari. Per ovviare a questi inconvenienti ci sono i satelliti polari: viaggiano a una quota inferiore e sorvolano i due poli. Sono utilizzati quando c’è l’esigenza di coprire in un certo tempo tutti i punti della superficie terrestre. Essendo a bassa quota, infatti, devono avere una velocità elevata per poter resistere all’attrazione terrestre: solitamente compiono un’orbita in 100 minuti circa e quindi effettuano circa 14 passaggi al giorno sullo stesso punto. A terra, le stazioni riceventi devono essere pronte a raccogliere i dati inviati a intervalli di 6 o 12 ore e il tempo di visibilità è di soli 12-15 minuti. Inoltre, i satelliti artificiali polari hanno bisogno di una struttura più solida (e pesano anche un centinaio di chili, il doppio circa di quelli geostazionari), dovendo resistere all’attrito dell’atmosfera, e di un sistema di stabilizzazione automatico, piccoli motori in grado di riportarlo alla giusta orbita e velocità. Naturalmente, le immagini inviate hanno maggiore definizione e meno distorsioni dovute alla distanza. Esaurito il suo compito (che può durare anche dieci anni) il satellite, di qualsiasi tipo, viene abbandonato a se stesso, e quindi rimane in orbita all’infinito (oggi si stima che siano circa 8.000 i detriti, di differenti dimensioni, che popolano lo spazio), oppure precipita al suolo, e di conseguenza si disintegra quando viene a contatto con l’atmosfera terrestre. Anche i satelliti artificiali si evolvono con il passare degli anni: sempre più sofisticati, sempre meno costosi (e pesanti). La parte del leone la sta facendo la Cina: dal 1970 a oggi ha fabbricato e lanciato circa 50 satelliti di vario tipo, realizzando un sistema di telefonia satellitare con oltre 70 mila canali interni e 27 mila internazionali. L’ultima frontiera è rappresentata da un sistema televisivo satellitare per l’insegnamento a distanza che, nella sola Cina, ha già permesso a oltre trenta milioni di persone di frequentare corsi di scuola superiore e universitari. E non è un caso che, il 15 ottobre 2003, sia anche stato lanciato nello spazio il primo astronauta cinese. Maria Chiara Passuello