Anna Guaita, ཿIl Messaggero 8/9/2004;, 8 settembre 2004
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«[...] ’undici settembre 2001. La maggior parte dei professori cancellarono le lezioni. Io chiesi allora ai miei studenti se secondo loro dovevamo andare avanti come previsto dal programma, con la lettura di Pnin di Nabokov, oppure se dovevamo cancellare la lezione, o discutere quel che era accaduto. La loro presenza dimostrava che non volevano rimanere soli, e io pensavo che il tema del corso, l’esilio, avrebbe dato modo di discutere ampiamente del nostro mondo. ”Siete sedici - dissi loro - siete in numero pari. Se la metà di voi decide in un modo e l’altra metà in un modo diverso, avrete bisogno del mio voto. Ma comunque io votassi, alcuni di voi non saranno contenti. Questi potrebbero comunque unirsi alla conversazione, accettando il dialogo come compromesso. Potrebbero invece lasciare l’aula. Potrebbero anche fare saltare per aria l’edificio”. La nostra situazione, in apparenza così banale, rifletteva la scelta essenziale che ci trovavamo davanti a livello globale: democrazia (e quindi compromesso e dialogo) o lotta contro la democrazia. Alla fine, i miei studenti scelsero il dialogo e il compromesso, e trascorremmo il pomeriggio a discutere. Ci sentimmo vicini, come una famiglia socratica» (Norman Manea, insegnante al Bard College di New York).