8 settembre 2004
Tags : Aron. Ralston
Ralston Aron
• Nato ad Aspen (Stati Uniti) il 27 ottobre 1975. «Al posto del braccio destro ha [...] una triplice protesi, su cui può montare otto differenti mani. Ma alle spalle [...] sta una delle più raccapriccianti storie di survival in montagna. La racconta in [...] Between a Rock and a Hard Place, che può essere più o meno tradotto ”tra l’incudine e il martello”. In realtà l’escursionista che nell’aprile 2003 ebbe il suo incidente durante un trekking solitario nel Canyonlands National Park dello Utah, si trovava letteralmente ”tra una roccia e un posto duro”. [...] Durante la sua gita Ralston muove accidentalmente un enorme masso, che gli schiaccia la mano destra, imprigionandolo in una specie di fessura all’interno di un canyon. La situazione è critica. Solo ora l’escursionista si rende conto di non avere rivelato a nessuno la sua meta. Eppure non è un principiante e all’attivo ha una carriera di alpinista con decine di ascensioni su vette di oltre tremila metri. Imprigionato dal masso, Ralston sopravvive per cinque giorni nel fondo della gola. un ingegnere meccanico e, costruendo dei sistemi di pulegge, tenta in tutti i modi di smuovere il blocco. Ma non ha fortuna e gli restano solo un po’ di fagioli e un sorso d’acqua. Il sesto giorno, mentre già è colto dal delirio a causa dell’infezione che si sta rapidamente propagando per il suo corpo e di cui può avvertire chiaramente l’odore ripugnante, l’escursionista prende una decisione disperata: afferra il coltellino Leatherman e si amputa il braccio. Il libro, corredato di una scelta di immagini freddamente scattate con una macchina digitale, ripercorre gesto dopo gesto la cruenta operazione, con cui Ralston cerca disperatamente di afferrarsi alla vita. Dapprima deve rompere le due ossa del braccio, operazione dolorosa, ma agevolata dalla disidratazione che ha reso fragili le sue membra. Poi deve recidere il tessuto molle, evitando però con cura di danneggiare le arterie più importanti. L’operazione di questo Piero Maroncelli rinchiuso in una prigione di roccia dura un’ora e si conclude con una rudimentale sutura realizzata mediante dei filamenti di nylon prelevati dagli abiti. ”La parte più dolorosa è stata il taglio dei tendini - ricorda Ralston -. Era come immergere il braccio in un calderone di magma incandescente”. Per quanto a caro prezzo, ora è libero, ma la sua odissea non è ancora finita. Gli resta da calarsi in corda doppia da una parete verticale alta una ventina di metri e camminare per una decina di chilometri. Finalmente un elicottero, che partecipa alle operazioni di soccorso, lo prende a bordo e lo trasporta in ospedale. ”Non mi ero mai rotto niente prima di allora e mi trovai di colpo a dovermi spezzare due ossa. Il dolore era spaventoso, ma era la mia porta verso la vita”. [...] Oggi, grazie alle ingegnose protesi che lui stesso ha progettato, Ralston è in grado di guidare una mountain bike, di suonare la chitarra e, con l’inserimento di un apposito arto-piccozza, di scalare pareti di ghiaccio. ”Ma soprattutto - commenta frastornato dal rumore che si è creato intorno alla sua vicenda - dall’amante della solitudine che ero, ho riscoperto il piacere di stare con gli altri”» (Franco Brevini, ”Corriere della Sera” 8/9/2004).