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 2004  settembre 05 Domenica calendario

Sale la febbre Il petrolio della Pennsylvania era buono: da un barile, almeno il 60-65% diventava olio per lampade o kerosene, il 10% benzina (che all’inizio si buttava via, non essendo ancora stato inventato il motore a scoppio), il 5-10% nafta (usata come solvente) e gli scarti come lubrificanti

Sale la febbre Il petrolio della Pennsylvania era buono: da un barile, almeno il 60-65% diventava olio per lampade o kerosene, il 10% benzina (che all’inizio si buttava via, non essendo ancora stato inventato il motore a scoppio), il 5-10% nafta (usata come solvente) e gli scarti come lubrificanti. Come era successo nel 1849 in California, con l’oro, scattò la corsa: le strade di Titusville nel giro di pochi giorni furono invase dai carri dei petrolieri, e dovunque iniziarono a sorgere torri di legno (dette derrick) che ospitavano rumorose trivelle. Per il petrolio valeva la ”Regola della cattura”. Una dottrina basata sul diritto consuetudinario inglese in base alla quale il proprietario di una tenuta aveva diritto di uccidere gli animali selvatici che vi entravano. Allo stesso modo, i proprietari potevano trivellare la terra ed estrarre tutto il petrolio che volevano. Fu il boom del petrolio della Pennsylvania: la zona divenne meta di avventurieri e disperati in cerca di fortuna, i saloon di Oil City, niente più che un agglomerato di baracche, si riempirono di tipacci come ”Coal Oil Johnny” che secondo la leggenda perse al poker in una notte un milione e mezzo di dollari. Nel selvaggio Oildorado, per qualche anno regnarono whiskey, pistole e donne di malaffare. A riorganizzare questo nuovo mercato non furono le regole del governo degli Stati Uniti, ma le leggi imperiose di un ometto basso, con due folti baffi neri sul volto e dei peli ancora più lunghi sullo stomaco: John Davidson Rockefeller.