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 2004  settembre 05 Domenica calendario

Gore Albert

• jr. Washington (Stati Uniti) 31 marzo 1948. Politico. Democratico. Vice di Bill Clinton, nel 2000 fu sconfitto da George W. Bush. Nel 2007 vinse l’Oscar per il documentario An inconvenient truth (una verità scomoda) e il Nobel per la Pace • «[...] Tipper gli suggerì di tirar fuori dalla cantina le sue vecchie diapositive in bianco e nero. Al Gore le aveva messe insieme nel 1989, per accompagnare una vecchia presentazione sui rischi delle emissioni tossiche e il surriscaldamento del clima, che molti anni prima aveva portato in giro, davanti a platee fatte anche di 10 persone. Le trovò piene di polvere, le sistemò alla meno peggio su un vecchio proiettore Kodak e le lanciò su uno schermo. Alcune le aveva inserite sottosopra. ”Forse dovresti digitalizzarlo e riprendere la lezione”, suggerì la moglie. Lui sorrise, annuendo non molto convinto. Era il 2002. Al e Tipper Gore stavano ancora cercando di risalire il doloroso strapiombo del tonfo di due anni prima. Mai nessun uomo politico aveva subito una sconfitta così umiliante, che forse non era neppure tale e assomigliava piuttosto a una vittoria rubata. Si erano leccati le ferite su una barca a vela, sul Mar Ionio, costeggiando la Grecia e l’Italia. Avevano viaggiato per tutta l’Europa per oltre due mesi. Ma quando avevano rimesso piede negli Stati Uniti, lui con una orribile barbona, i media gli avevano rigettato in faccia tutto quel recente passato, il robo-candidato, l’eterno perdente senza posto nell’immaginario d’America. Invece quelle diapositive, piene di dati deprimenti sullo scioglimento dei ghiacciai, gli uragani assassini, l’effetto serra, portate on the road nella migliore tradizione americana, avrebbero innescato la più straordinaria reinvenzione e resurrezione pubblica, mai viste a memoria d’uomo. ”Buona sera, sono l’ex prossimo presidente degli Stati Uniti”, scherzava Gore introducendo la lezione, davanti alle platee più diverse, dagli studenti ai pensionati. Era l’unico riferimento al suo momento più buio. Ci volle un anno, perché la campagna ambientalista di Al Gore diventasse un fenomeno inarrestabile. ”Alla fine della presentazione, uomini e donne gli si avvicinavano stringendogli la mano e piangendo in silenzio”, ha raccontato Tipper. Poi, la produttrice Laurie Davis e il regista David Guggenheim gli proposero di fare il film, che avrebbe cambiato il suo destino: An Inconvenient Truth, una scomoda verità, è stato visto da decine di milioni di persone, ha incassato 50 milioni di dollari, ha venduto 1,6 milioni di copie in dvd. Ma soprattutto ha catalizzato l’attenzione del mondo sulla catastrofe che attende il pianeta, se i governi del mondo non si decidono ad agire. Ma non basta questo a capire le motivazioni interne e la visione, che stanno dietro la rinascita di Al Gore. ”Ero interessato a creare un collegamento tra business e filantropia”, ha spiegato. Così nel 2004 aveva lanciato Generation Investment Manager, un fondo di investimento che invece di puntare su guadagni a breve, guarda ai potenziali di lungo termine, prendendo in considerazione, ad esempio, il fatto che un’azienda sia pronta o meno a un futuro senza emissioni di anidride carbonica: ”Pensiamo che l’esplicito riconoscimento di fattori ambientali, sociali ed etici influenzi gli affari”.Mai contento, Al Gore ha anche fondato Current Tv, un canale alternativo che manda in onda soprattutto servizi, filmati e documentari realizzati dal pubblico, autori dilettanti quasi tutti giovanissimi, che il sito web dell’emittente aiuta a superare tutti gli scogli di una produzione in proprio. [...] Quando il Comitato del Nobel definisce Al Gore ”il singolo individuo che probabilmente ha contribuito di più a creare una maggior comprensione globale per le misure che devono essere adottate”, pensa anche a questo, alla capacità di mobilitazione emotiva di cui è stato capace [...] usando gli strumenti più diversi. quindi inevitabile che su queste considerazioni abbiano pesato anche il suo ruolo nell’organizzazione di Live Earth, il concerto globale del luglio 2007, per promuovere la battaglia per l’emergenza climatica, visto da oltre 2 miliardi di persone. ”Se il solo strumento che hai in mano è un martello, allora tendi a vedere tutti i problemi come un chiodo», ama ripetere Gore, citando lo psicologo Abraham Moslow. Nel 1999, in un’intervista alla Cnn, Al Gore disse che quando era senatore al Congresso, ”aveva preso l’iniziativa per creare l’Internet”. I media lo dileggiarono per questo. Ma era vero. Fu lui a proporre due leggi, che trasformarono il sistema di comunicazione superveloce segreto, usato dal Pentagono, nell’’autostrada dell’informazione” che oggi conosciamo. Visto retrospettivamente, ci piace pensare che anche per questo gli hanno dato il Nobel: per la rete, strumento di pace» (Paolo Valentino, Corriere della Sera 13/10/2007) • «Il simbolo era inequivocabile. Le chiavi capaci di avviare i motori dell’Air Force One, l’aereo personale del presidente degli Stati Uniti. Quando Al Gore, il vicepresidente, le ebbe in consegna il 31 marzo 1997, giorno del suo 49esimo compleanno, dalle mani del suo principale Bill Clinton, si aprì in un largo sorriso. Quel regalo rappresentava la conferma che avrebbe avuto tutto il sostegno di Clinton nella campagna [...] Che Gore avesse studiato da presidente in questi anni (e anche prima) in cui è stato il numero due alla Casa Bianca non era una novità. Che Clinton avesse da sempre manifestato l’intenzione di appoggiare Gore alla fine del suo secondo mandato, il massimo previsto dalla Costituzione, era anche questo abbastanza chiaro. Ma, fino a giovedì 31 dicembre 1998, nulla era ufficiale delle intenzioni di Gore. Anche perché l’ultimo anno vissuto alla Casa Bianca è stato segnato tutto dal Sexgate (ed era difficile capire quanto lo scandalo potesse danneggiare il vice di Clinton) nonché dalle indagini del Dipartimento della Giustizia sui finanziamenti illeciti al partito democratico, una storia che ha coinvolto personalmente anche il vicepresidente. [...] La sua aria da bravo ragazzo, un po’ legnoso, padre di quattro figli, che gli ha dato le sembianze di un boy scout della politica americana, ha annullato uno dopo l’altro tutti i tentativi, amichevoli e non, di creargli dei problemi. Si è perso per strada il soprannome di Prince Albert, che voleva indicare come lui Albert Gore II, figlio d’arte perché il padre ha occupato la poltrona di senatore per una vita, fosse nato in politica e tra i politici e avesse respirato a larghi polmoni l’aria di Washington da sempre. Infatti, prima di diventare vicepresidente, Al Gore è stato dal 1976 al 1984 deputato alla Camera, e dal 1984 al 1988 senatore: come il padre Albert senior, in rappresentanza dello Stato del Tennessee. Altri tentativi di punzecchiarlo arrivarono dai repubblicani quando Gore applaudì come politically correct il fatto che il canale Abc avesse deciso di mandare in onda la sit-com in cui l’attrice Ellen DeGeneres recitava il ruolo che aveva nella vita, quello di una omosessuale dichiarata. Poi, sempre gli avversari del partito repubblicano gli hanno dato del ”buddhista” per tenere vivo il ricordo dei suoi incontri con alcuni esponenti del movimento religioso venuti dall’Estremo Oriente, i cui nomi erano saltati fuori in relazione all’indagine sulla liceità di alcuni contributi finanziari. Chi ha cercato di smontarlo, dandogli un’aria mielosa che poco corrisponderebbe al piglio decisionista che ci si aspetta da un presidente degli Stati Uniti, ha raccontato che figurerebbe bene, insieme alla moglie Mary Elizabeth, da tutti conosciuta come Tipper, al massimo nel sequel di Love Story. [...] Aveva cominciato la sua esperienza di vicepresidente occupandosi delle questioni scientifiche, dello sviluppo della tecnologia con un occhio di riguardo ai problemi che derivano dalla crescita vertiginosa di Internet, del rilancio della Nasa, l’organismo che si occupa di ricerche spaziali, e che i repubblicani avevano in animo di ridurre al lumicino. Poi, con il passare dei mesi, un po’ dimostrando di saperci fare, un po’ per la fiducia che Clinton non gli ha mai fatto mancare, Gore ha messo le mani sulle questioni ambientali, sulle nuove regole per la privacy, sulla rissa tra i produttori di sigarette e le associazioni delle vittime di cancro, che hanno inondato i tribunali d’America con richieste di risarcimento da milioni di dollari. [...] In alcune occasioni, poi, Gore è stato il falco e Clinton la colomba. Lo ha raccontato lo stesso presidente: ” accaduto quando abbiamo mandato le truppe ad Haiti, è accaduto di nuovo quando le abbiamo spedite in Bosnia; è accaduto anche quando l’80 per cento degli americani sosteneva che l’America non doveva aiutare il Messico alle prese con una crisi finanziaria gravissima. Al è stato sempre il più deciso”. [...]» (Antonio Carlucci, ”L’Espresso” 14/1/1999).