4 settembre 2004
Tags : Saif Saaeed Shaheen
SHAHEEN Saif Saaeed (Stephen Cherono). Nato in Kenya il 15 ottobre 1982. Mezzofondista. Primatista mondiale dei 3000 siepi (7’53’’63 a Bruxelles il 3 settembre 2004), specialità nella quale ha vinto il titolo mondiale nel 2003 e nel 2005
SHAHEEN Saif Saaeed (Stephen Cherono). Nato in Kenya il 15 ottobre 1982. Mezzofondista. Primatista mondiale dei 3000 siepi (7’53’’63 a Bruxelles il 3 settembre 2004), specialità nella quale ha vinto il titolo mondiale nel 2003 e nel 2005. «[...] Era il 23 luglio (2004) [...] quando Kip Keino, presidente della federazione keniana, gli comunicò che non gli avrebbe concesso il nullaosta per partecipare ai Giochi olimpici con i colori del Qatar, la nuova patria che lo aveva adottato il 9 agosto del 2003 e alla quale, pochi giorni dopo il nuovo tesseramento, aveva regalato il primo titolo iridato della storia. Per Saif Saaeed Shaheen, un tempo Stephen Cherono, il no di Keino è stato come una pugnalata. Ma, dopo un primo attimo di scoramento, su quel rifiuto il ragazzo dalle gambe da fenicottero ha costruito la sua rivincita, esplosa [...] a Bruxelles, nei suoi 3000 siepi, con il record mondiale [...] Una prodezza degna delle più grandi imprese della storia del mezzofondo, un primato voluto con tutte le forze, per dimostrare che, senza quel no, sarebbe stato lui il re olimpico della specialità. [...] ” stato frustrante guardare la finale in tv e vedere che il Kenya conquistava le tre medaglie. Ho capito perché non mi hanno dato il nullaosta per Atene: se fossì stato lì, non dico che avrei vinto di sicuro io, ma la gara sarebbe andata diversamente perché la mia presenza avrebbe condizionato i keniani: loro mi temono [...]”» (Paolo Marabini, ”La Gazzetta dello Sport” 5/9/2004). «Se il talento puro avesse un viso, sarebbe quello di Said Saeed Shaheen. Ma se per strada lo chiamate così non si volta neppure. Stephen Cherono è il suo vero nome, keniano della tribù kjkuju, nato a Kejo, piccolissimo villaggio a metà strada fra Itened Eldoret, nel cuore della Rift Valley, la miniera d’oro della corsa prolungata, emigrato in Qatar nel 2003 a 21 anni e trequarti, giusto in tempo per vincere a Parigi il suo primo titolo mondiale. Un trasferimento controverso che ha scatenato polemiche, che ha aperto la strada ad altri atleti degli altipiani verso le ricche squadre del Golfo Persico. Ma se gli dite che lo ha fatto per soldi, Stephen [...] si arrabbia. ”Ho lasciato la squadra del mio Paese per poter essere un atleta di vertice, per poter vincere tutto” .
E poi spiega: ”Chiedetevi perché il Kenya con così tanti talenti vince poco. Non c’è lungimiranza, gli atleti di qualità prima di una gara mondiale o olimpica sono sfibrati da continue selezioni, corse per questoe per quello, così quando la gara conta sono spompati. Ne risente la mentalità degli atleti stessi, che invece di inseguire i traguardi più importanti, si disperdono in cento gare per raggranellare un pugno di dollari. Accettando l’offerta del Qatar sono uscito da questa logica. Anch’io tengo al denaro, ma lo voglio guadagnare seguendo un’altra strada, più razionale, puntando al massimo”. [...]. Quando si parla per Cherono di classe ci sono le prove. Anche genetiche. Suo fratello maggiore Christopher Koskei [...] vinse il mondiale dei 3000 siepi a Siviglia nel ’99. L’altro fratello Abraham Cherono [...] ha corso per anni nella squadra keniana. stato Christopher a chiedere aCanova, il suo ex allenatore, se lo guidava. Era l’inverno 2001-2002. In precedenza Stephen era bravo ma non riusciva, con i programmi di lavoro di McDonald, a rivelare tutto il suo potenziale. Aveva un personaledi 8’19’’. In un periodo in Kenya decise di prendere in mano le tabelle di lavoro che Canova aveva preparato per il fratello e, a settembre, a Montecarlo portò il primato mondiale juniores delle siepi a 7’58’’66 [...] Nessuno prima di lui era riuscito inquesta specialità a stabilire il primato mondiale in entrambe le categorie. Era quella la strada tecnica giusta, così con l’intercessione di Christopher ha cominciato a lavorare direttamente con Canova. ” un grande tecnico - spiega - capace di avere fantasia nella preparazione, di capire davvero cosa serve”. Il suo talento si è rivelato sino in fondo nel 2003 e non solo sulle siepi. Prima di vincere il titolo a Parigi, battè in una gara memorabile a Ostrava sui 5000 sua maestà Hicham El Guerrouj in 12’48’’ 81. [...] Stephen Cherono non è uno spaccone. Già da ragazzo era un leader, ora, girando il mondo, ha sviluppato una mentalità ben lontana da quella dei suoi connazionali di origine. Molti keniani, raggiunta la fatidica cifra di 100 mila dollari di guadagni, si ritirano, comprano 100 mucche, una fattoria e si sentono ricchi.
Stephen no. Ad esempio, gli frulla in testa l’’idea di acquistare un hotel a St. Moritz, la località sciistica dei re e dei grandi magnati della finanza mondiale che ha conosciuto negli allenamenti in altura a cui l’ha portato Canova, un posto dove l’investimento giusto moltiplica il denaro. [...]» (Pierangelo Molinaro, ”La Gazzetta dello Sport” 10/8/2005). «[...] Stephen Cherono è il migliore. Nessuno ha la sua eleganza sulle barriere, la sua strepitosa accelerazione, pare un fantasma sollevato dal vento. [...] Non si sente un traditore, ha preso nome, nazionalità e religione nuova. Si è venduto al Qatar, che ha sabbia, soldi, voglia di grandezza. Per un milione di dollari e un vitalizio di mille euro al mese. il mercato, baby. La globalizzazione dello sport: si va dove ci sono le condizioni, dove ti trattano bene, non dove il padre ti obbliga alla fatica senza una carezza. Questo Shaheen ci tiene a ribadirlo: ”Da noi in Kenya gli atleti muoiono poveri. Ci sfruttano, e poi se ne fregano. Non c´è assistenza medica, ognuno deve pagare e arrangiarsi. In Qatar mi trattano bene, mi danno quello che voglio, anche se sono rimasto ad allenarmi a casa mia, perché da loro c’è troppo caldo. Il nostro ministro dello sport minaccia di non far rientrare più nel paese gli atleti che scelgono di correre con un altro passaporto? Mi dispiace per lui, ma non è realistico. Dovevano pensarci prima, la verità è che appena perdi una cosa, la vuoi. Io non ho scelto i soldi, ma la qualità dell´assistenza, un futuro migliore. Mi accusano di non essere stato patriottico, ma la patria bisogna potersela permettere”[...]» (Emanuela Audisio, ”la Repubblica” 10/8/2005).