Varie, 4 settembre 2004
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Ghosn Carlos
• Porto Velho (Brasile) 9 marzo 1954. Manager. Amministratore delegato e presidente della Renault e della Nissan • «Nel 1999, la Renault lo ha mandato a Tokyo con l’ordine di non fare prigionieri. E di salvare l’acquisita Nissan, oberata dai debiti per oltre 35 mila miliardi di lire. Lui [...] è uno specialista in missioni impossibili. Dopo aver rigenerato la Renault, ha messo sotto terapia la Nissan. Con pugno di ferro e un piano di rilancio draconiano (il Nissan Revival Plan: 21 mila dipendenti licenziati e cinque fabbriche chiuse) Ghosn si è meritato il nomignolo di ”Cost killer”, il tagliatore dei costi. [...] ”Il fattore principale è stata la capacità di organizzare le persone che operano all’interno della Nissan. Lo abbiamo fatto sulla base di un piano comune e di una lista di priorità da rispettare. Questo ha significato il coinvolgimento di 140 mila persone. Era necessario che ciascuna di esse fosse assolutamente d’accordo con il Nissan Revival Plan, e che si sentisse chiamata a dare un contributo personale e concreto al processo di rilancio dell’azienda. Se non si hanno i dipendenti dalla propria parte, non si realizza nulla di positivo [...] Sono arrivato in Giappone nel giugno del 1999, e avevo tre mesi di tempo per mettere a punto un piano di rilancio. In quei tre mesi ho ascoltato l’opinione di moltissime persone. Mi dicevano: ”Attento, non dimenticarti che sei in Giappone: qui non si può licenziare, non si possono chiudere gli stabilimenti...’. Insomma, mi si consigliava cautela. Io non ero d’accordo: se fossi stato prudente non sarei riuscito nel mio intento; occorreva avere il coraggio di osare e di apportare dei cambiamenti drastici. Altrimenti il piano di di rilancio della Nissan sarebbe fallito [...] Quello del posto di lavoro assicurato a vita è un obiettivo molto nobile, solo che non è realistico. Quando un’azienda è in difficoltà, non può garantire l’occupazione. Ma attenzione: questo non vuol dire che ”il posto di lavoro a vita’ non debba essere nei programmi di un’azienda, visto che produce l’effetto positivo di legare i dipendenti all’azienda. Diverso è il discorso riguardo alle promozioni in base all’anzianità: è uno strumento distruttivo, perché è una forma di segregazione dei giovani. In questo modo, un giovane di talento e disponibile nei confronti dell’azienda non sarà mai motivato a dare il massimo. E anche se desse il massimo, questo non lo porterebbe a niente [...] Qui mi hanno dato moltissimi soprannomi. Non so se sono ancora un gaijin, ma sicuramente sono il gaijin più seguito in Giappone, la persona che suscita maggiore curiosità e sulla quale si scrive il maggior numero di articoli [...]» (Francesco Paternò, ”L’Espresso” 22/3/2001) • «[...] un brasiliano di sangue libanese che per conto di una ditta francese è andato ad ”americanizzare” un’azienda giapponese (e c’è riuscito”) [...] nato a Porto Velho, Porto Vecchio, nell’oscuro Stato di Rondonia, Brasile, ingegnere con doppia laurea in economia e tripla carriera: prima direttore della Michelin in Brasile, in Francia, negli Stati Uniti, poi a Parigi dal ”96 come vicepresidente esecutivo della Renault, dal ”99 sulla tolda di comando della Nissan a Tokyo [...] primo straniero a guidare un colosso dell’industria nipponica [...] ”La bandiera del Giappone del XXI secolo”, per il giornale ”Asahi”. ”Il Douglas Mac Arthur della nostra economia”, scrive il settimanale ”Shukan Asahi”, paragonandolo al generale americano che dopo la seconda guerra mondiale tenne a battesimo la democrazia giapponese, ”Un eroe nazionale”, lo definisce Nobuo Tanaka, vicepresidente dell’Istituto governativo di ricerca economica. E una star della Tv. [...] arrivò in Giappone nel maggio ”99, quando la francese Renault acquistò il 36,8% della Nissan. Arrivò con un soprannome come biglietto da visita: ”Tagliatore di costi”, ”cost killer”. Ma il suo nomignolo preferito, disse in inglese ai manager giapponesi chhe lo accolsero con ragionevole diffidenza, era quello affibbiatogli da Jurgen E. Schrempp, boss della rivale Daimler-Chrysler: ”icebreaker”. Rompighiaccio. Uno che se ne infischia del ”fattore culturale”, del modo ”locale” di condurre gli affari. ”Un’azienda giapponese? Non so che cosa sia. So che cos’è un’azienda frustrata che vuole diventare la migliore al mondo”. [...] ha cominciato rompendo le etichette, dando la mano a ogni impiegato che incontrava e non soltanto ai top manager come usa in Giappone. Certo, intanto che stringeva mani tagliava anche teste, costi e posti: 20 mila licenziamenti, cinque fabbriche chiuse, all’asta pezzi pregiati come l’unità aerospaziale dell’azienda. Tutto questo in un Paese abituato al posto fisso e all’intoccabilità delle aziende. Ma è andato avanti. ”Kawaranaky”, era la parola d’ordine della pubblicità Nissan dal ”95: cambiamento. Ghosn è diventato l’incarnazione brasilian del Kawaranaky. Tra le sue prime iniziative, creare gruppi di lavoro trasversali per rompere le barriere tra i settori: ” negli interstizi tra i vari settori di competenza che si crea la vera creatività”. E di creatività secondo lui c’era molto bisogno: ”Le nostre auto sembrano tigri travestite da pecore”, disse ai designer. Linee nuove: ”Non basta che un’auto sia ben fatta, dev’essere eccitante”. [...] ”Filosofo” delle fusioni industriali, Ghosn crede che il segreto sia calibrarela contraddizione tra principio di sinergia e principio di identità. ”E guai a perdere l’identità, è quella che dà le motivazioni, e le motiviazioni sono il combustibile che fa marciare un’azienda”. In azienda lo chiamano ”mister Seven Eleven” (sette undici) [...] l’uomo più corteggiato dalle case automobilistiche. Su di lui fanno corsi ad Harvard [...]» (Michele Farina, ”Sette” n. 48/2001).