Varie, 4 settembre 2004
Tags : Alcides Edgardo Ghiggia
GHIGGIA Alcides Edgardo Montevideo (Uruguay) 22 dicembre 1926. Ex calciatore. Campione del Mondo 1950
GHIGGIA Alcides Edgardo Montevideo (Uruguay) 22 dicembre 1926. Ex calciatore. Campione del Mondo 1950. In Italia ha giocato con Roma e Milan. Cinque presenze e un gol anche con la nazionale italiana • «Le sue prodezze cambiarono la storia del calcio. Che già portava scritto, alla voce Mondiale 1950, il trionfo dei brasiliani padroni di casa. Nell’ultima partita, al Maracana, dopo il dominio dei verdeoro e il loro meritato vantaggio, ecco schizzare via l’ala destra ”Celeste”. Uno scricciolo (1,69 per 62 chili) dallo scatto bruciante e dal dribbling elettrico, che vola via a Bigode sulla destra e pennella al centro per Schiaffino, implacabile a chiudere: 1-1. Tredici minuti dopo, ancora Ghiggia parte in contropiede, anticipa il terzino, finta su Barbosa e lo incenerisce nell’angolino. Per il Brasile è ”la tragedia di un intero popolo”. Per Alcides Edgardo Ghiggia è il titolo iridato, con la consacrazione a migliore ala uruguayana di tutti i tempi. [...] il nonno era italiano. Alcides, piccolo gomitolo di nervi e scatti dal volto scavato nella malinconia, cominciò a tirar calcio nel Sudamerica di Montevideo, prima di passare all’Atlanta di Buenos Aires e tornare in patria, al Peñarol, dove vinse il titolo 1949 e si guadagnò la nazionale. Debuttò con la ”Celeste” a pochi giorni dal Mondiale, il 6 maggio 1950, e il Ct Lopez lo mandò in campo a sorpresa nella manifestazione iridata, ricevendone in cambio un gol in ogni partita disputata: 4 su 4. Rivinse il titolo nazionale nel 1951, ma un giorno mandò al tappeto un arbitro che gli aveva appena annullato un gol decisivo e subì una lunga squalifica. Così nel 1953 accettò l’offerta della Roma, coi cui colori giocò otto stagioni, vincendo la Coppa delle Fiere 1961. [...] Nell’estate del 1961 si trasferì al Milan, dove chiuse la carriera italiana conquistando lo scudetto. Bruno Roghi lo considerava un solista inarrivabile, facile a perdersi nel narcisismo così come a farsi condizionare da un carattere elettrico come il suo celebre dribbling. Allora bastava che l’avversario gli rubasse palla o lo infastidisse con falli maligni per fargli perdere il lume della ragione, ”bruciargli le valvole con un corto circuito”, come scriveva lo stesso Roghi. Che un giorno, al termine di un memorabile Milan-Roma del 1955 scrisse: ”Ghiggia è entrato nella difesa avversaria come una faina entra in un pollaio: immaginate cosa succede alle galline. Poi, quando sono uscito dallo stadio, mi sono detto: ’non credo di avere preso un abbaglio. Oggi Raimundo Orsi ha mandato a San Siro una sua controfigura’”. Tornato in patria intenzionato a ricomincare da capo (tutti i soldi guadagnati pare fossero stati inspiegabilmente bruciati), entusiasmò il pubblico di Montevideo in una ripetizione per veterani della celebre partita mondiale del 1950, dimostrandosi in perfetta forma. Venne ingaggiato dal Danubio e dopo tre stagioni tornò al Sudamerica, il suo primo club, con cui chiuse la carriera nel 1968, a 42 anni suonati» (Carlo F. Chiesa, ”Calcio 2000” maggio 1999).