Varie, 3 settembre 2004
GENNA
GENNA Giuseppe Milano 12 dicembre 1969. Scrittore • «[...] uno scrittore di razza, appassionato di fantascienza [...] ha imparato dai Wu Ming e da Luther Blissett (sotto questo pseudonimo ha infatti firmato net gener@tion) a raccontare la nostra storia come un’indagine sociologica che mette in contatto i miti della nostra comunità e la storia, rileggendola sotto forma di thriller. [...]» (Brunella Schisa, ”Il Venerdì” 30/5/2005). «Tutti i libri di Giuseppe Genna hanno una struttura complicata che ai non addetti alle avanguardie alla cyberletteratura e a Luther Blisser potrebbero sembrare un frappé, ma per gli appassionati che non superano la trentina, lo scrittore milanese è un genio. [...] Genna carica le parole come proiettili e li esplode contro il malcostume, lo squallore politico, sociale, culturale; spara contro i disonesti che devastano città e perfierie, gli untori che appestano l’aria di ”letami chimici”, i media che imbastardiscono la cultura. [...] ”[...] più che allo stile tengo alla struttura che dia a me e al lettore uno strappo e una scossa continua: d’altronde bengo dal mondo della poesia che è avanguardia [...]”» (Brunella Schisa, ”Il Venerdì” 31/5/2002). «È nato il giorno, mese e anno della strage di piazza Fontana, 12 dicembre 1969. E, aggiunge, anche alla stessa ora e persino nei minuti, anzi nei secondi in cui esplose la bomba che seminò la morte alla Banca Nazionale dell’Agricoltura. Ma di dettagli che si smarriscono in una fuliggine di fabulazione, Giuseppe Genna dissemina sempre i suoi racconti. Come quando assicura che le quasi ottocento pagine di Dies Irae le ha stese in un mese e mezzo. Genna mescola nei suoi romanzi lo storico e il fantastico. Finora ha scritto libri di genere - noir, thriller -, anche molto ben riusciti, con buone vendite in Italia e all’estero. Ha curato un sito, ”I Miserabili’, crocevia di tanta web-letteratura, ha lavorato nella redazione di riviste - Poesia di Crocetti - e di case editrici - la Mondadori. [...] ”[...] un romanzo serve a incantare. Lo scrittore non deve interpretare la storia secondo etichette algebriche, ma con antiche tecniche sciamaniche. [...] l’affabulazione non è evasione dal mondo. piuttosto il contrario. [...] ho lavorato con la Pivetti. L’avevo conosciuta quando collaboravo a una tv privata. Erano i primi anni Novanta, lei venne, sembrava una ragazzina, indossava uno zainetto e parlammo poco di politica e molto di filologia dantesca [...] Quando diventò presidente della Camera mi chiamò, voleva che curassi un programma di poeti a Montecitorio. In realtà a palazzo San Macuto avrei dovuto riordinare i documenti della commissione presieduta da Tina Anselmi. Ma non fu possibile arrivare a conclusione [...] Lo scrittore è una bestia che abita la retroguardia della specie. La osserva da dietro per meglio pugnalarla alle spalle. La scrittura è quasi una forma di inebetimento. Io nutro il mito degli scrittori ciechi, di Omero, per esempio, ma anche dei personaggi come Tiresia o Edipo, che vedono comparire le storie nel buio e ne hanno una percezione che è quella del magnetismo incantatore [...] mia nonna trattata con l’elettrochoc e poi morta suicida. Il dolore ha un valore magistrale. Insegna. Eschilo sosteneva che senza dolore non si arriva a nessuna conoscenza. Ma mi interessa anche il disagio collettivo [...] Nel senso del suo evidente aumento, della vertiginosa crescita delle terapie farmacologiche [...] Da tempo mi occupo di neuroscienze, pratico la dance therapy e mi vado sempre più convincendo che la letteratura sia terapeutica, la letteratura come modalità di esercizio della coscienza. La letteratura come incanto”» (’la Repubblica” 25/3/2006).