Varie, 3 settembre 2004
ACCAME Giano
ACCAME Giano Stoccarda (Germania) 30 luglio 1928, Roma 16 aprile 2009. Giornalista. Padre di Nicolò • «[...] intellettuale di destra che piace a sinistra, ex direttore del Secolo d’Italia [...] l’uomo che chiamava Fini alla francese (“Finì”: finito) e gli rimproverava le troppe svolte [...]» (Francesco Battistini, “Corriere della Sera” 14/3/2006) • «Uno dei pochi esponenti della destra stimato dagli intellettuali della sinistra, [...] “25 aprile del 1945 [...] Ero un ragazzino obbediente. Avevo concordato con i miei di partire finita la seconda liceo, a giugno. Ma le cose precipitavano e preso dall’angoscia che la guerra finisse prima di potervi partecipare, partii, proprio il 25 aprile. Mio padre non si oppose. Anche lui era rimasto amareggiato per non essere arrivato a tempo a prendere parte alla prima guerra mondiale [...] Ho tentato di andare da Brescia a Milano su una Topolino. Mi hanno arrestato subito [...] Volevo partecipare al canto del cigno, alla fine eroica della Repubblica Sociale [...] Sono stato balilla e avanguardista, ma non mi sentivo molto fascista fino all’otto settembre, quando ho visto il tradimento, la gente che si rallegrava per la sconfitta [...] non si può gioire per la sconfitta. Noi avevamo sentito, sui banchi delle elementari, che il Duce ci aveva dato un impero, che dovevamo tornare, un po’ come gli antichi romani, ad essere importanti. Da ragazzini noi amavamo la guerra e aspettavamo il momento di dimostrare il nostro valore [...] Non mi piace un’Italia che si rinnovi attraverso i rinnegamenti e una destra che incalza la sinistra vantandosi: noi abbiamo rinnegato più di voi. Rischiamo di diventare un popolo di rinnegati. Chi rinnega la Dc, chi Craxi. Indecente [...] Quelli che erano iscritti al Pci ma dicono che non sono mai stati comunisti. Quelli alla Veltroni che fanno i congressi con gli slogan americani, I care, e fanno venire a cantare Sting, in un Paese dove la sinistra ha un patrimonio sconfinato di cantautori [...] Ricordo il mio maestro di quinta. Lo adoravo. Era ufficiale della milizia. Finì prigioniero negli Stati Uniti. Lo rincontrai antifascista e pieno di rancore contro chi lo aveva portato alla sconfitta. Voltagabbana erano anche tutti quegli intellettuali che pigliavano soldi dal ministero della Cultura Popolare e poi, nei quarantacinque giorni di Badoglio, si riciclarono velocemente. Venivano chiamati ‘i canguri giganti’. Col tempo però ho capito la dignità e le motivazioni del cambiare idea. Se ti ha affascinato un partito che nasce dalla vittoria ma ti porta alla sconfitta, hai diritto di voltargli le spalle e cercare altre soluzioni [...] Madre tedesca, padre ufficiale di marina. Infanzia a Monfalcone. Scuole quasi tutte alla Spezia. Poi Spalato [...] Il mio compagno di banco di Spalato, Enzo Bettiza. Ma lui non ricorda me. Mi ha rimosso. Si è costruito uno scenario alla Buddenbrock, con la sua straordinaria famiglia circondata da uno stuolo di servitori croati, bosniaci e serbi. In questo scenario io non ci sto e lui ha dimenticato anche quando lo andavo a trovare nella sua cameretta da ammalato [...] Ho fondato la sezione di Loano del Fronte degli Italiani, una formazione antecedente al Msi. Dopo un paio di mesi confluimmo nel Msi [...] Il Fuan. A Roma si chiamava Caravella, a Milano Carroccio. Erano tempi in cui destra e sinistra si parlavano. I comunisti ci invitavano ai loro convegni. A Roma Rauti parlava con Berlinguer. Io incontrai il figlio di Longo. Ricordo anche una bella ragazza, Lu Leone[...] Massimo Cacciari. È stato il primo a sinistra a parlare bene di me. Pochi in Italia conoscono come lui la cultura tedesca di destra [...] La fedeltà è come la verginità. A vent’anni può avere un sapore. Sessant’anni dopo un po’ meno. Le testimonianze di fedeltà si esauriscono coi ricambi di generazione. Ma il fascismo è stato un periodo di una creatività tale che ti fa anche sopportare il ridicolo di alcuni riti [...] Una sera ero a cena da Mughini. C’erano Paolo Mieli, Fiamma Nierenstein, Andrea Marcenaro e sua moglie Franca Fossati. La Fossati commentò con il marito: ‘Bravo quel compagno!’ Sembra a volte che gli estremi si tocchino” [...]» (Claudio Sabelli Fioretti, “Sette” 26/2/2004) • «Tutto sommato, io non sono mai stato troppo fascista. E proprio quel poco mi ha permesso di conservarlo [...] Quelli che nel nostro mondo erano molto esagitati, quelli col dito sempre puntato in difesa della Fede e dell’Ideale, hanno dovuto fare una bella capriola. Ma continuano sempre ad avere il dito puntato. Adesso sui nuovi dogmi [...]» (sdm, “Il Foglio” 31/7/2008).