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 2004  agosto 31 Martedì calendario

Improta Umberto

• Napoli 4 agosto 1932, Roma 28 gennaio 2002. Poliziotto • «Nella sua quarantennale carriera in polizia è stato, tra l’altro, questore di Milano e Roma e prefetto di Napoli [...] è stato dirigente dell’Ucigos, questore di Cosenza, direttore del Servizio antidroga, dell’Interpol e direttore del Servizio antiterrorismo. Poi le promozioni: questore a Milano e a Roma. Ferito più volte durante manifestazioni politiche, negli anni dell’eversione, si è distinto per l’arresto di numerosi responsabili di atti di terrorismo ed esponenti di organizzazioni eversive e per le inchieste sulla destra eversiva. Nel 1995, fu raggiunto da un avviso di garanzia per abuso d’ufficio e falso e decise di lasciare l’incarico di prefetto tra le lacrime. Cinque anni dopo fu assolto da ogni accusa. Ma, amareggiato, decise di ritirarsi dall’incarico di ispettore generale per gli Affari civili al Ministero dell’interno. Da ultimo, prima che la malattia lo colpisse, Improta si era lanciato in una nuova sfida: il presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, gli aveva affidato l’incarico di subcommissario per l’emergenza idreologica e lui aveva già messo a punto alcuni interventi di salvaguardia di alcune zone a rischio» (’Giornale di Brescia”, 29/1/2002). « Per venti anni s’è occupato di indagini delicate e di violenza politica. diventato famoso per aver liberato il generale Dozier. Questore di Roma, prefetto di Napoli, poi forse chissà. Invece no, perché ebbe grandi amarezze per un’inchiesta campata in aria che lo fece cadere ingiustamente nella polvere e l’ha riabilitato quando ormai era troppo tardi. [...] Negli anni Settanta Improta guidava l’Ufficio politico a Roma. A rivederla oggi, quando il minimo parapiglia giganteggia sulle televisioni, sembra davvero incredibile quell’epoca. Solo per stare al 1977: 2128 attentati, 42 vittime tra le forze dell’ordine, 47 ferimenti, 51 rivolte nelle carceri e 559 evasioni. Il 1° febbraio gli Autonomi occupano l’università. Scoppiano incidenti tra ”compagni” e ”camerati” e resta ucciso Guido Bellachioma, studente di sinistra. Il giorno dopo si scatena la furia contro una sede dell’Msi, in via Sommacampagna. Improta passa di lì per caso. ”Non ricordo neanche da dove venissi. In quei giorni era un correre continuo da una parte all’altra della città. Il mio autista vide un collega steso a terra, con la materia cerebrale che fuoriusciva e fece fuoco contro due persone che correvano con le pistole in pugno, ferendole. Io caricai sulla macchina l’agente ferito e lo portai al Policlinico”. Ecco, questo era il clima. ”Fummo sopraffatti dagli avvenimenti: c’erano giornate in cui ogni mezz’ora capitava qualcosa di grave, e ognuno di questi fatti era rivendicato da una sigla diversa. Avevamo un apparato di sicurezza vecchio e antiquato: si ebbe la visione miope di ciò che stava capitando, si pensò che fossero quattro giovinastri sghangherati”. Lui che è in prima linea si rende conto che la situazione sta degenerando. Gli Autonomi assaltano anche la sede della Dc romana, in piazza Nicosia. Quando l’avvisano per radio, e gli annunciano che troverà Fanfani sul posto, e che è furibondo, sbotta ad alta voce e lo sentono in tutte le Volanti: ”Così se ne accorgono che c... significa fare ordine pubblico a Roma”. Effettivamente, appena arrivato, Fanfani lo aggredisce. Ma il commissario gli risponde per le rime: ”Forse non vi siete resi conto di cosa succede a Roma, specie il venerdì e il sabato. Dalle 3 del pomeriggio alle 8 di sera è un continuo correre da una parte all’altra della città: manifestazioni, cortei, macchine bruciate, saccheggi, scontri: i reparti sono stanchi, in carenza d’organico, non sappiamo più come fronteggiarli. Comunque, se ora mi fate la cortesia di mettervi da una parte, noi facciamo il sopralluogo. Se poi non vi sta bene, e mi volete trasferire, mi fate solo un piacere: è dal ’68 che prendo mazzate per strada, mi basta e mi avanza”. Ecco, questo era l’uomo. Che nei giorni del G8 di Genova, al precipitare della situazione, commentava amaro: ”Noi dovevamo affrontare con i lacrimogeni gente armata di P38, non so se mi spiego”» (Francesco Grignetti, ”La Stampa” 31/8/2004).