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 2004  agosto 22 Domenica calendario

l’istruzione, prima di tutto Ferdinando attribuiva grande importanza al lavoro (degli altri), ma non trascurò di legiferare circa l’istruzione dei leuciani

l’istruzione, prima di tutto Ferdinando attribuiva grande importanza al lavoro (degli altri), ma non trascurò di legiferare circa l’istruzione dei leuciani. Il Re, lo abbiamo visto, era stato educato alla caccia, all’attività fisica e cresciuto nella convinzione che la cosa più importante fosse divertirsi. Non aveva studiato, probabilmente non aveva mai letto un libro né si era mai interessato alle scienze o alla filosofia. I motivi di questo evidente tentativo di frenare il suo sviluppo intellettuale vanno ricercati nella sua precoce investitura (salì sul trono all’età di 8 anni): era interesse dei reggenti e dei suoi tutori mantenere Ferdinando in una condizione di dipendenza anche quando fosse uscito dalla minorità. E così effettivamente fu: anche quando avrebbe avuta l’età per farlo, Ferdinando di fatto non governò mai davvero, delegando il compito dapprima al ministro Tanucci e poi alla moglie Maria Carolina. Il Re non si faceva un problema della sua ignoranza e della sua mancanza di erudizione. Tuttavia, intuiva l’importanza che gli studi potevano avere nello sviluppo di un individuo e, soprattutto, di una comunità. E infatti nel Codice Leuciano si legge che «si è situata in Belvedere la Scuola normale, in cui s’insegna a’ fanciulli ed alle fanciulle sin dall’età di 6 anni il leggere, lo scrivere, l’abbaco, il catechismo della religione, (...) il buon uso del tempo». In queste scuole, i figli degli operai apprendevano anche i rudimento dell’arte che, in seguito, li avrebbe condotti in fabbrica. Tra le opere che venivano confezionate durante le lezioni si tenevano dei concorsi. Al vincitore spettava di diritto di sedersi, in chiesa, al così detto Banco del Merito, a sinistra dell’altare. La città aveva poi una sorta di organo di governo, che faceva capo al Re: i Signori del popolo venivano eletti tra i capifamiglia (a scrutinio segreto e con la supervisione del parroco) e sedevano in chiesa a destra dell’altare. Il Codice, stabiliva anche le modalità con cui la città avrebbe dovuto prendersi cura degli individui più deboli. Per evitare che mendicassero in cerca di cibo o denaro, Ferdinando istituisce una Cassa di Carità, che avrebbe provveduto a passare loro un sussidio (a vita o finché non fossero stati in grado di provvedere autonomamente al proprio sostentamento). Ogni manifatturiere che avesse un reddito giornaliero superiore ai 2 carlini doveva contribuire alla Cassa con 1 tarì al mese. Coloro il cui reddito era inferiore ai 2 carlini, si sarebbero limitati a versare 15 grana. Il versamento doveva avvenire ogni prima domenica del mese, in chiesa: consegnato il denaro, l’operaio firmava un registro per certificare l’avvenuto versamento. Il nome di coloro che saltavano l’appuntamento mensile veniva affisso nello speciale elenco «de’ Contumaci». Era concesso saltare per tre mesi consecutivi il versamento, ma allo scadere del terzo mese si era obbligati a versare in un’unica soluzione anche gli arretrati. In caso contrario, si veniva pubblicamente condannati e, per effetto di questa condanna, si perdeva il diritto a beneficiare, in caso di bisogno, della Cassa di Carità.