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 2004  agosto 22 Domenica calendario

troppo pigro per legiferare Nel pieno del suo fermento «demiurgico», Ferdinando dovette pensare che, per essere davvero ideale, una città avrebbe dovuto avere leggi altrettanto utopistiche

troppo pigro per legiferare Nel pieno del suo fermento «demiurgico», Ferdinando dovette pensare che, per essere davvero ideale, una città avrebbe dovuto avere leggi altrettanto utopistiche. Sarebbe romantico, a questo punto, immaginare il Re che, spinto dall’intento di creare un luogo perfetto, si siede al suo regal scrittoio per vergare una nuova Costituzione. Ma, come sempre, la realtà è molto più prosaica. Non solo Ferdinando era consapevole (e, sembra, quasi orgoglioso) dei propri limiti intellettivi (per dirne una, andava fiero di parlare solo il suo dialetto), ma era anche animato da una tenace pigrizia. Ecco perché incarica un suo fido amico, il massone Antonio Planelli, di scrivere, in sua vece, le leggi per i coloni di San Leucio. Secondo alcuni contemporanei, il Planelli dovette farlo praticamente sotto dettatura e, alla fine del lavoro, Ferdinando ci rimise mani per accentuarne lo spiccato tono paternalistico che lo pervade. Il Codice Leuciano è immaginato e scritto come fosse un discorso che il Re, in prima persona, fa ai suoi coloni. «Pensai di ridurre quella popolazione utile allo Stato, utile alle famiglie e utile finalmente a ogni individuo di esse in particolare. (...) Utile allo Stato introducendo una manifattura di sete grezze, (...) procurando di ridurle alla miglior perfezione possibile. Utile alle famiglie alleviandole da pesi, (...) togliendosi loro ogni motivo di lusso coll’uguaglianza e la semplicità di vestire. Utile a ogni individuo perché dalla nascita ben educati da’ loro genitori, istruiti nelle Scuole Normali». Così Ferdinando scrive dei motivi che lo spinsero a fare di San Leucio una colonia sui generis. Una rapida scorsa al Codice e ci si imbatte subito nei valori che il sovrano volle erigere a fondamento della società leuciana: la virtù, l’onore, l’uguaglianza. «Il solo merito farà distinzione tra gl’individui di San Leucio», si legge, «ogni uomo è portato a distinguersi dagli altri, (...) ma so che vana e dannevole è quella distinzione che procede dal lusso e dal fasto, e che la vera distinzione sia quella che deriva dal merito. La virtù e l’eccellenza nell’arte che si esercita debbono essere la caratteristica dell’onore e della singolarità». Per questo, il Re impose a tutti di vestire allo stesso modo. L’abito era inteso come elemento di distinzione da qualsiasi altro abitante del Regno: la prima delle pene previste per chi avesse infranto le leggi della Colonia era l’obbligo di «spogliarsi degl’abiti del luogo». Una volta privato della propria divisa (e del proprio status), l’operaio veniva quindi riconsegnato alla giustizia ordinaria, quella valida ovunque, nel Regno, tranne che a San leucio.