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 2004  agosto 22 Domenica calendario

luogo ameno e separato Gli 82 ettari della collina di San Leucio erano stati acquistati da Carlo III di Borbone, padre di Ferdinando, nel 1750

luogo ameno e separato Gli 82 ettari della collina di San Leucio erano stati acquistati da Carlo III di Borbone, padre di Ferdinando, nel 1750. Carlo, che amava oltremodo la caccia, ordinò subito di recintare la collina e ne fece una riserva in cui dedicarsi in pace a questo suo svago. Succeduto al padre, nel 1773 Ferdinando affidò a quello che diverrà il suo progettista di fiducia, l’architetto Francesco Collecini (allievo di Luigi Vanvitelli), il restauro degli edifici esistenti nella proprietà, tra cui il Belvedere, eletto a sua residenza invernale, «non essendo certamente l’ultimo dei miei desideri quello di ritrovare un luogo ameno e separato dal rumore della corte», scrive (nel 1789) Ferdinando in un documento dal titolo Origine e pregressi della popolazione di San Leucio. Ma dopo la morte del suo primogenito, il Re inizia a trasformare questa residenza in qualcosa di diverso. I primi abitanti di San Leucio sono le famiglie dei guardiani, 5-6 nuclei in tutto. Per loro, il Re fa sistemare degli edifici da adibire a abitazioni. Nel 1774 le famiglie residenti nel Real Sito sono già 17. E l’anno successivo viene avviato il primo nucleo di quella che diventerà una delle industrie seriche più note e prestigiose del meridione e d’Italia. Da queste parti la lavorazione della seta non era una novità, ma aveva sempre avuto una dimensione artigianale, era un affare quasi esclusivamente da donne che si sbrigava a casa, su commissione. Ora nasceva invece una fabbrica, con operai di entrambi i sessi e macchinari moderni. Per istruire i leuciani all’arte della seta Ferdinando fa arrivare maestranze dal Piemonte e da Lione. Al posto del vecchio Casino di caccia, nel 1776 viene eretta una chiesa, la cui costruzione sancisce, come sempre accade, la nascita della comunità. E infatti Ferdinando fa edificare altre abitazioni, strade e nuove mura di cinta a chiudere il tutto e a separarlo dalle campagne e, in qualche modo, dal resto del Regno. Nel 1778 la lavorazione della seta raggiunge finalmente un livello industriale. Il Re si preoccupa di far arrivare a San Leucio le migliori novità tecniche e meccaniche, come il filatoio a acqua e il mangano a ruota idraulica. Poi avvia anche le scuole di manifattura e quelle normali. Ferdinando aveva in mente di fare di San Leucio un polo industriale all’avanguardia, da cui trarre un modello esportabile anche in altre zone del Regno. Ma a un certo punto, spinto forse dall’entusiasmo o nell’estremo tentativo di trovarsi sempre troppo occupato per curarsi degli affari di corte, il suo progetto intraprende un percorso forse imprevisto. Il Re inizia a prendere provvedimenti che esulano dall’attività di un sovrano-imprenditore e spinge la sua idea di San Leucio fino alla teorizzazione di una città ideale, Ferdinandopoli, di cui la Real Colonia non avrebbe dovuto essere che il primo bozzolo. Subito ne commissiona il progetto al solito Collecini. Forse sulla scorta delle città ideali di cui pullulano i trattati rinascimentali, anche la pianta di Ferdinandopoli avrebbe dovuto essere incentrata sulla più assoluta razionalità. Collecini la immagina tonda, con le strade che partono a raggiera da una grande piazza centrale. Il cuore (e in un certo senso, l’anima) della città sarebbe stata l’industria serica. Che però fu anche l’unica parte del progetto a vedere realmente la luce.