L’Indipendente 22/08/2004, 22 agosto 2004
il 1789. A Parigi c’è la rivoluzione. La folla grida «liberté, égalité, fraternité»; si usa la ghigliottina; con le armi si espugnano i luoghi del potere
il 1789. A Parigi c’è la rivoluzione. La folla grida «liberté, égalité, fraternité»; si usa la ghigliottina; con le armi si espugnano i luoghi del potere. A Caserta, poco lontano dalla reggia, queste stesse idee si declinano in una forma inedita e sorprendente. Un sovrano noto per rozzezza e superficialità, Ferdinando IV di Borbone, emana una Costituzione basata sul concetto di uguaglianza. A beneficiarne solo i 220 cittadini della real colonia di San Leucio. Ex riserva di caccia, poi residenza regia per l’inverno, la colonia viene trasformata in centro di produzione industriale di una pregiatissima seta e soprattutto in esperimento sociale. Nella nuova cittadella operaia conta solo il lavoro e a distinguere gli individui è il merito, non i natali. Su tutto e tutti, il sovrano. Antonio Ghirelli parla di San Leucio come di «una sorta di comunità socialista per grazia divina». Definizione sfumata e contraddittoria, ma si definisce con certezza solo ciò che si lascia circoscrivere, comprendere. E l’esperimento di San Leucio è da sempre oggetto di interpretazioni diverse, antitetiche, interessate. Dapprima additato come segno di una monarchia, quella borbonica, a tratti illuminata e riformista. Poi come estremo esempio di uno stantio paternalismo regio, che riusciva irritante persino a quei tempi. Infine come accidente storico, dovuto più al caso che a lucide intenzioni. Un’ambiguità che nasce dall’atmosfera di quegli anni e dalla figura di Ferdinando. All’inizio del suo regno il Re era visto con una simpatia che però perse pian piano. Narra Pietro Colletta (Storia del Reame di Napoli dal 1734 al 1825), che quando morì «taluno baciò la terra e ad alta voce ringraziò Iddio di quella morte come termine di universali sciagure». continua a pagina 2