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 2004  agosto 26 Giovedì calendario

Prima della fine di quest’anno, la grande famiglia dei ponti da record s’arricchirà di due nuovi membri

Prima della fine di quest’anno, la grande famiglia dei ponti da record s’arricchirà di due nuovi membri. Nel Sud della Francia è stato infatti completato il viadotto Millau che, dal prossimo gennaio, permetterà a chi va sull’autostrada da Parigi a Barcellona di superare la vallata del fiume Tarn. Un ponte lungo due chilometri e mezzo, ma soprattutto alto 270 metri, un primato assoluto. Nel frattempo, in Grecia, sono alle battute finali i lavori per costruire il ponte sullo Stretto di Corinto: 2.252 metri che collegano Rion e Antirion, sulle due sponde dello stretto. Due opere straordinarie, per le dimensioni e per l’impegno che hanno richiesto. Il Millau, costruito dalla compagnia Eiffel (quella della torre), è nato dall’esigenza d’attraversare una delle regioni più importanti di Francia dal punto di vista naturalistico. Paradossalmente, la soluzione più imponente è stata giudicata la più rispettosa dell’ambiente: far passare la strada lassù, attraversando da un capo all’altro la vallata, ha evitato di costruire strade e ponti nel bel mezzo delle colline e dei boschi. Il viadotto è sostenuto da 7 pilastri di cemento con altezze da 75 a 235 metri, che reggono l’intelaiatura metallica del piano stradale. La costruzione, durata 39 mesi, ha coinvolto oltre 500 persone divise in nove squadre. All’altro capo dell’Europa, il ponte di Corinto, costato sette anni di lavoro, rappresenta per la Grecia la realizzazione di un antico sogno. Già alla fine dell’800, l’allora primo ministro Harilaos Trikoupis esprimeva la speranza di un ponte che collegasse le due sponde dello Stretto di Corinto. Il passaggio si trova all’incrocio tra le due principali direttrici degli spostamenti in Grecia: l’asse Salonicco-Atene-Patrasso e quello Patrasso-Igoumenitsa. Per molti anni gli ingegneri si son chiesti come fosse possibile costruire un ponte in quel punto. Acque profonde fino a 65 metri, assenza di fondo roccioso sul fondale, frequenti fenomeni sismici che arrivano a veri e propri spostamenti di zolle tettoniche. E come spesso capita negli stretti, venti fino a 150 chilometri all’ora. Che fare? La soluzione è stata un innovativo design antisismico. I piloni hanno una ”corsa” di 2 metri che permette loro d’allontanarsi l’uno dall’altro senza compromettere la stabilità dell’impalcato (il piano su cui viaggiano auto e treni), che può oscillare come un pendolo senza crollare. Per ovviare alle caratteristiche del suolo, le fondamenta di ogni pilone hanno un diametro di 90 metri e sono rinforzate da circa 200 tubi di acciaio, larghi due metri e lunghi 25-30. Così la struttura può sopportare un terremoto fino al settimo grado della scala Richter. La lunghezza del ponte (2.252 metri) è anch’essa decisamente impressionante. A rigore, però, il ponte di Corinto non può essere considerato un vero record. La distanza che conta davvero, dal punto di vista dei progettisti, non è infatti quella tra le due sponde, ma la massima ”luce”, cioè la distanza tra due piloni. E il ponte Rion-Antirion ha 4 piloni e una luce massima tra essi di 560 metri: battuta quindi da diversi ponti nel mondo, dal Giappone alla Danimarca, agli Usa. A chi va allora il record del ponte più lungo? Prima di rispondere bisogna suddividere i ponti in categorie, perché come nello sport ci sono diverse specialità, e ognuna ha il suo record. In particolare per i ponti oltre i 600 metri, i veri mostri, le tecniche usate oggi sono due: i ponti strallati (o cable-stayed) e i ponti sospesi. Negli strallati, la categoria cui appartengono Millau e Rion-Antirion, tutto il peso grava sui piloni, il che limita la luce raggiungibile. L’attuale record è detenuto dal Tatara Bridge in Giappone, coi suoi 890 metri tra un pilone e l’altro. Il ponte sospeso è esteticamente simile a quello strallato, ma si sostiene in modo diverso. «è una sorta di gigantesca corda per stendere i panni» spiega Fabio Brancaleoni, ordinario di scienza delle costruzioni all’Università RomaTre e tra gli autori del progetto per il ponte sullo Stretto di Messina. «I piloni sostengono due o più cavi d’acciaio sospesi tra essi, e a questi sono appesi altri cavi che a loro volta sostengono l’impalcato». Questi ponti possono essere più lunghi, ma son di solito più costosi da costruire, perché comportano anche imponenti strutture a terra. Infatti, per evitare che i piloni crollino verso il centro, i cavi principali devono essere assicurati sulle due sponde a grandi ancoraggi in cemento armato, che sopportano in realtà la maggior parte del peso. Il progetto per il ponte sullo Stretto di Messina prevede proprio un ponte sospeso, che se sorgerà batterà tutti con una luce di 3.300 metri. Ma per ora il primatista è ancora una volta giapponese, ed è l’Akashi Kaikyo, inaugurato nel 1998, che ha una luce di 1.991 metri. «In realtà dovevano essere 1990» racconta Brancaleoni. «Quel metro in più è un fuori programma dovuto al terremoto del 1995, che colpì la zona durante i lavori di costruzione. Dopo il sisma, le due sponde si ritrovarono più distanti di un metro». Ma i piloni già costruiti rimasero in piedi e, metro in più a parte, i lavori ripresero come prima. «In realtà la struttura d’un ponte di questo tipo non è particolarmente sensibile ai terremoti» spiega Brancaleoni. «Naturalmente bisogna tenerne conto e usare opportune tecnologie. Ma non è mai la sismicità a far decidere se un ponte è fattibile. Il vento, invece, è una minaccia molto più seria». Ne è una prova il famoso crollo del ponte Tacoma Narrows, nello Stato americano di Washington. Il 7 novembre del 1940, neanche 4 mesi dopo l’inaugurazione, questo ponte sospeso lungo oltre 800 metri e simile al Golden Gate crollò sotto l’azione di un vento non eccezionale (circa 100 km/h), cominciando a oscillare e deformarsi come se fosse stato di carta e poi abbattendosi nel fiume sottostante. Le oscillazioni provocate dal vento avevano fatto entrare in risonanza la struttura amplificando sempre più il movimento del ponte fino a causarne il collasso. Da allora, i grandi ponti sospesi hanno un’intelaiatura di rinforzo sotto l’impalcato, che impedisce loro di oscillare eccessivamente sotto l’azione del vento. Il ponte Akashi, in Giappone, può sopportare un vento da 100 km/h oscillando di mezzo metro in una direzione e mezzo metro nell’altra, ma completando questo movimento nell’arco di venti secondi: un’oscillazione praticamente impercettibile. Ma la cosa che può davvero scoraggiare dalla costruzione di un ponte è la profondità delle acque in cui andrebbero scavati i piloni. « questo che rende, allo stato attuale, impossibile costruire un ponte sullo Stretto di Gibilterra» spiega Brancaleoni, riferendosi a un’altra opera faraonica di cui si parla ormai da tempo. Nel punto più stretto la profondità delle acque va dai 450 metri in su. Impossibile arrivare così in basso per costruire piloni con le tecniche attuali. Nicola Nosengo