Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2004  agosto 26 Giovedì calendario

L’archeologia è un’avventura: ogni giorno gli archeologi esplorano piramidi e tombe per scoprire i segreti dei faraoni

L’archeologia è un’avventura: ogni giorno gli archeologi esplorano piramidi e tombe per scoprire i segreti dei faraoni. Molti, però, restano affascinati da teorie frutto dell’immaginazione o che altri inventano e vendono come vere. Alcuni credono che le piramidi siano state costruite da forme di vita provenienti dallo spazio o da uomini di una civiltà perduta. Io non dimenticherò mai il mio primo dibattito televisivo, dieci anni fa, con John West e Grahm Hanckok durante un programma condotto su Rai3 da Lorenza Foschini: loro erano in studio a Roma mentre io stavo in piedi davanti alla Grande Sfinge. All’inizio non volevo partecipare perché non conoscevo il pubblico italiano e temevo che avrebbe potuto dar credito agli altri e alle loro idee assurde. Prima d’accettare, perciò, telefonai a un mio amico, il famoso attore Omar Sharif, e gli chiesi di accompagnarmi e di starmi accanto davanti alla Sfinge. Pensavo che così facendo il pubblico m’avrebbe ascoltato e dato fiducia, visto che Omar Sharif è conosciuto in tutto il mondo. Comunque, dopo la trasmissione, mi accorsi che gli italiani erano più interessati all’archeologia che alle civiltà perdute o agli stargates. Vennero così prodotti molti programmi tv che trattavano le avventure di un archeologo, permettendo al pubblico di capire che la verità è più affascinante di qualsiasi cosa si possa inventare: si parlava d’esplorazioni nei cunicoli delle piramidi e delle scoperte avvenute nella ”Valle delle Mummie Dorate” nell’oasi di Bahariya. Proprio questa settimana è stata filmata una delle mie avventure che ha catturato il cuore del pubblico, forse perché parla della scoperta di alcune mummie. Christiane Ziegler, direttrice della sezione egizia del Louvre a Parigi, mentre stava scavando a Saqqara per cercare una tomba risalente all’Antico Regno, ha scoperto qualcosa di sensazionale. Prima di andare a vedere da vicino l’affascinante scoperta, volevo però osservarla dall’alto. Così ho preso un elicottero per avere una visione panoramica delle piramidi di Giza e di Saqqara. Era incredibile vedere questi monumenti dall’alto: Saqqara è un sito davvero pieno di tesori. Il giorno dopo mi sono svegliato presto, ho messo un paio di jeans, ho preso il mio famoso cappello e mi sono preparato mentalmente a una grande avventura. Il sito si trova all’ombra della Piramide a Gradoni di Djoser, la prima piramide e il primo complesso monumentale che sia mai stato realizzato in pietra: fu costruita dal celebre architetto Imhotep, che poi venne adorato come dio della saggezza e della medicina. La nuova scoperta è avvenuta a nord della via processionale della piramide di Unas, ultimo sovrano della V dinastia. Dopo essere arrivato, sono sceso nel primo pozzo, diviso in due sezioni, scavato nella roccia a circa 25 piedi dal suolo. Una volta sceso mi sono imbattuto in un sarcofago di calcare: ho scoperto che gli antichi egizi avevano sigillato tutti i lati ermeticamente: nessuno lo aveva aperto dopo che era stato chiuso 2.500 anni fa. Dallo stile si capiva che era stato realizzato in Epoca Tarda (XXVI dinastia). Sono sceso ancora 100 piedi nella parte nord e ho scoperto un altro pozzo, sempre risalente all’Epoca Tarda. Lì ho trovato un sarcofago di legno decorato con scene religiose e testi appartenenti al Libro dei Morti. Questi testi magici erano stati scritti durante il Nuovo Regno per aiutare il morto nell’aldilà. Un’iscrizione in geroglifici riporta il nome del defunto: «Ahmose, figlio di Psammetico». Questo nome era molto diffuso durante la XXVI dinastia: un’altra prova che il sarcofago ha 2.500 anni. Ho pensato che avremmo dovuto aprirlo il giorno seguente, in modo da prepararci senza rischiare di danneggiarlo. Mi sono diretto dall’altro lato e ho trovato un altro pozzo, profondo circa 100 piedi. Gli operai di Saqqara avevano escogitato un sistema interessante per scendere nei pozzi: attaccavano una fune a travi di legno all’inizio del pozzo, legavano un cesto a uno dei capi e ci facevano sedere la persona dentro calandola sul fondo; allo stesso modo si risaliva e si rimuovevano sabbia e detriti. Amo le avventure e mi diverto nelle esplorazioni: mi piace entrare in un pozzo o in una piramide nel modo più difficile, così il mio cuore comincia a battere più veloce e mi lascio assorbire dall’eccitazione della scoperta. Il più delle volte, quando scopro un pozzo sono il primo a entrare per vedere cosa c’è dentro. Non temo l’oscurità. Sono troppo eccitato per aver paura. Molti mi chiedono di serpenti e scorpioni e come riesca a non averne paura. Io rispondo che il rumore dei passi di solito li spaventa... anche se, a dire la verità, un po’ di paura ce l’ho sempre! A Saqqara, però, ho usato una scala. Scendendo, ho visto una stanza piena di mummie, una sull’altra: avevo l’impressione che tutte mi fissassero. Sono entrato e ho scoperto due nicchie piene di mummie. In mezzo ho trovato una maschera d’oro, la migliore che io abbia mai visto. Ho trovato anche dei tessuti iscritti con passi del Libro dei Morti. Poi, c’erano due sarcofaghi di calcare con iscrizioni demotiche (forma di scrittura egizia in uso nell’ Epoca Tarda) e molti amuleti che riproducono dei e dee. Abbiamo ripulito la stanza e l’area attorno alla maschera d’oro, quindi abbiamo iniziato il lavoro di restauro su alcune mummie. Il giorno seguente sono ritornato e ho trovato molti giornalisti che avevano saputo della scoperta. Sono sceso nel pozzo che conteneva il sarcofago di Ahmose, che sembrava interessante: il suo volto pareva vivo. Abbiamo aperto la cassa, con un’emozione che non riesco a descrivere. Ho aspettato con ansia che si aprisse il coperchio: all’interno c’era una mummia, tipica della XXVI dinastia. Poi sono sceso nuovamente nell’altro pozzo: scendendo per circa 60 piedi si potevano vedere mummie ammassate ovunque. A terra c’era un sarcofago decorato, accanto una grande quantità di ushabti (statuette poste vicino al defunto che avrebbero magicamente compiuto al suo posto i lavori obbligatori nell’aldilà). L’ultima avventura con le mummie è avvenuta in un pozzo profondo circa 100 piedi. Qui ho trovato un altro sarcofago di calcare intatto che ne conteneva un altro, dal volto dorato: i lineamenti erano quelli di un uomo di circa quarant’anni. Anche il petto era ricoperto d’oro e decorato con una scena con il dio Osiri. Il sarcofago può appartenere a uno dei re dell’Epoca Tarda. La cassa era sigillata: era giunto il momento di aprirla. In quel momento, ho pensato a Carter quando ha scoperto la tomba di Tutankhamon nel 1922. Sono sicuro che s’è sentito come se potesse quasi parlare al giovane re, sepolto più di 3.000 anni prima. Posso immaginare le sue sensazioni perché ho provato anch’io quest’incredibile vicinanza col defunto. Mi ricordo ancora la prima volta che sono entrato in una delle tombe della ”Valle delle Mummie Dorate” nell’oasi di Bahariya. Ho visto più di 40 mummie, splendenti d’oro. Quella volta portai con me Dina, una ragazza egizio-americana di 18 anni: era terrorizzata dalla ”maledizione dei faraoni” e ho dovuto spiegarle che eravamo al sicuro una volta entrati nella Grande Piramide di Khufu. La nostra avventura, però, l’ha così entusiasmata che s’è innamorata dell’Egitto e io le ho chiesto d’accompagnarmi anche a Saqqara. Per scendere nel pozzo ho usato la scala, Dina il cesto. Al momento dell’apertura del sarcofago, nessuno parlava e trattenevamo tutti il respiro: abbiamo aperto il coperchio e dentro c’era una mummia. Dina, sbalordita, ha gridato, s’è tappata gli occhi, poi ha dato un’occhiata: la mummia era ancora avvolta nelle bende, nessuno aveva turbato il suo sonno. Zahi Hawass