Mario Lenzi, Macchina del Tempo, agosto 2004 (n.8), 26 agosto 2004
L’architetto Mies van der Rohe definì il transatlantico «un’abitazione di massa galleggiante»
L’architetto Mies van der Rohe definì il transatlantico «un’abitazione di massa galleggiante». Disse anche: «Saremmo da invidiare se avessimo edifici sulla terraferma che fossero altrettanto adeguati alle nostre condizioni e ai nostri mezzi». Le Corbusier in ”Vers un’architecture” scrisse: «Il piroscafo è la prima tappa nella realizzazione di un mondo organizzato secondo lo spirito nuovo». Nella storia dell’architettura, quindi, i transatlantici svolsero un ruolo significativo. La necessità di trasportare e ospitare i passeggeri per molti giorni contribuì a trasferire sulla nave i luoghi e le architetture terrestri. La tendenza, per molto tempo, fu quella di nascondere ogni riferimento all’ambiente marino, di fare in modo che gli ospiti quasi non si accorgessero di essere su una nave. Questo fino agli anni Venti e Trenta, quando si cercò di valorizzare l’estetica dei transatlantici. Nella mostra in corso a Genova sarà possibile ”incontrare” gli architetti che hanno segnato la storia dell’architettura navale. Da Johann George Poppe (1837-1915), creatore dei piroscafi tedeschi negli anni a cavallo del secolo, ad Arthur Joseph Davis (1878-1951), interprete dei gusti della classe dirigente britannica nei transatlantici dall’Aquitania alla Queen Mary, a Richard Bouwens de Boijen (1863-1942), rinnovatore nell’architettura degli interni. Da Adolfo Coppedè (1871-1951) noto per il suo eclettismo, a Vittorio Ducrot (1867-1942), interprete di un gusto borghese conservatore, a Gustavo Pulitzer Finali (1887-1967), che cercò di applicare i canoni dell’estetica novecentesca alle sue navi. Dopo la Seconda guerra mondiale, fino agli anni Sessanta, l’architettura, specie quella d’interni, è tutta italiana. I rappresentanti più significativi sono Gio Ponti (1891-1979), Nino Zoncada (1898-1988) e Matteo Longoni (1913-1984).