Mario Lenzi, Macchina del Tempo, agosto 2004 (n.8), 26 agosto 2004
I transatlantici non dovevano essere solo funzionali, ma anche eleganti. Ecco quindi che, dopo la Prima guerra mondiale, venne dato risalto alle decorazioni degli interni
I transatlantici non dovevano essere solo funzionali, ma anche eleganti. Ecco quindi che, dopo la Prima guerra mondiale, venne dato risalto alle decorazioni degli interni. Pittori e scultori lavoravano a fianco di architetti e costruttori. Inizialmente le decorazioni si svilupparono in un clima di ricerca di gusto storicista: nei saloni di rappresentanza dei principali transatlantici, i progettisti ricrearono scenografie immense, in una rievocazione eclettica degli stili del passato. Il passeggero, guardando queste decorazioni, doveva perdere il senso dello spazio e del tempo. Le ditte italiane più attive, nell’ambito della decorazione, furono la Ducrot Mobili e Arti decorative di Palermo e la Casa Artistica di Firenze, della famiglia Coppedè: per la realizzazione degli allestimenti di alcuni dei più importanti transatlantici, si rivolsero ad artisti di successo. Per la Ducrot, lavorarono Domenico Trentacoste e Galileo Chini. Per i Coppedè, Luigi Cavalieri, Luigi Arcangeli e Salvino Tofanari. Verso la fine degli anni Venti, si abbandonò il gusto storicista: i decoratori si adeguarono alle ricerche artistiche contemporanee. In Italia questo si vide negli allestimenti del pittore Anselmo Bucci per i piroscafi Timavo, Duchessa d’Aosta e California. Ancor meglio questa inversione di tendenza si esplicò nella cantieristica navale francese: l’Art déco influenzò gli interni del Paris e dell’le-de-France. Tra gli artisti: René Lalique, Henri Bouchard, Georges Lepape, Jean Dupas. Interprete delle nuove tendenze progettuali in Italia fu Gustavo Pulitzer Finali, che chiamò a collaborare negli allestimenti del Victoria e del Conte di Savoia artisti come Libero Andreotti, Pietro Chiesa, Gino Severini. Nel dopoguerra, i transatlantici divennero vere e proprie gallerie d’arte galleggianti.