Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2004  agosto 26 Giovedì calendario

A chi non piacerebbe vivere in una metropoli immersa nel verde, silenziosa, senza automobili e inquinamento? Un sogno? Forse no

A chi non piacerebbe vivere in una metropoli immersa nel verde, silenziosa, senza automobili e inquinamento? Un sogno? Forse no. Infatti una strada esiste: quella di sfruttare gli spazi sottoterra. Una soluzione che alcuni Paesi hanno in parte già adottato. A chi non piacerebbe vivere in una metropoli immersa nel verde, silenziosa, senza automobili e inquinamento. Un sogno? Forse no. Infatti una strada esiste: quella di sfruttare gli spazi sottoterra. «Oggi non esiste più alcuna roccia che non possa essere perforata o scavata. Anche i grossi problemi di tenuta d’acqua o di presenza di rocce molto friabili possono essere risolti con la tecnologia attuale. Lo dimostrano le gallerie aperte in ogni parte della Terra» spiega Michele Manciso, del Dipartimento di Geologia della Terra di Milano. L’acqua, che in passato è stato uno dei problemi che ha bloccato l’avanzamento di perforazioni di importanti gallerie, oggi può essere deviata attraverso pozzi o aspirata con pompe adeguate, mentre le rocce friabili, dove spesso l’energia interna della Terra trova sfogo producendo anche pericolose esplosioni di rocce, possono essere contenute con strutture artificiali in acciaio che vengono poste nel momento stesso in cui si perfora. Alle profondità alle quali di solito vengono scavate le gallerie (non oltre i pochi chilometri quando si tratta di gallerie di montagna) le temperature non sono mai tali da creare problemi se non quando si è in fase di scavo: la temperatura viene abbassata aspirando aria fredda dall’esterno. Ciò che spesso frena l’uso del sottosuolo sono gli apparenti costi, che se considerati a breve termine possono superare quelli di costruzioni in superficie. Tuttavia se si tiene conto che tutto l’inquinamento prodotto da autoveicoli o insediamenti sotterranei può essere filtrato, si capisce che le ricadute a medio-lungo termine sono assolutamente vantaggiose. Ma dove la ”quarta dimensione”, questo il modo con cui di solito si definisce metaforicamente il sottosuolo, è entrata a far parte del viver comune? Un esempio per tutti è quello della Norvegia, dove è stato costruito, in occasione delle Olimpiadi invernali del 1994, il più grande edificio sotterraneo del mondo: lo stadio di Lillehammer. Per realizzare quest’area sportiva, che può ospitare fino a 2.500 spettatori, sono stati asportati da una collina vicina 140 mila metri cubi di roccia. Sempre in Norvegia, a pochi chilometri da Oslo, nel 1998, è stata costruita la prima fabbrica di rubinetti completamente interrata. A vederla da fuori, è un piccolo edificio circondato dalla foresta. Sotto c’è il vero impianto, in una collina. Sottoterra sono andati in molti. A Montreal, in Canada, ogni giorno 500 mila persone fanno acquisti, lavorano e trascorrono parte della giornata nel sistema ”underground” più grande del mondo: ci sono oltre 30 km di corridoi con piazze, negozi, uffici e perfino ospedali. Un rimedio al rigido inverno, che qui può toccare temperature di -34°. Nel futuro le cose potrebbero evolversi ancora: la Shimizu Corporation, una società di costruzione giapponese, ha pensato a un’immensa rete di tunnel sotto il suolo di Tokyo che si estenderebbe per quasi 800 km quadrati, capaci di ospitare centri commerciali, palestre e altri servizi. La Taisei Corporation ha invece progettato ”Alice City”. Si tratta di una città, oggi solo sulla carta, che si svilupperà totalmente sotto Tokyo. è stato calcolato che per costruirla (si parla di 100.000 metri quadrati) sarebbero necessari 4 miliardi di dollari. La metà di quello che costerebbe se fosse in superficie. Sì, perché costruire sottoterra costa meno. «I costi sono scesi molto negli ultimi anni» ha detto Pietro Lunardi, ministro per le Infrastrutture e i Trasporti, già docente di difesa e conservazione del suolo all’Università di Parma. «Le gallerie della nuova autostrada Aosta-Monte Bianco, per fare un esempio, sono costate quasi un terzo in meno dei tratti all’aperto, su viadotto». Costa molto meno, spiegano gli esperti, perché il sotterraneo è di proprietà del demanio. Inoltre, per i tunnel, una galleria è meno impegnativa da costruire rispetto a un viadotto. Proprio a proposito di tunnel e gallerie, in Svizzera è al via un progetto: una rete di tunnel lunga oltre 400 km che collegherà Ginevra a San Gallo. All’interno, treni a levitazione magnetica dovrebbero volare a 500 km all’ora, così da attraversare la Confederazione in meno di un’ora (contro le 4 ore di oggi). In Italia, i progetti per il momento riguardano la costruzione di tunnel sotterranei, dentro e tra le città, sistemi di parcheggi e impianti per depurare le acque. La tecnologia sotterranea, secondo un progetto proposto dalla Nocon Italia, avrebbe permesso di risolvere una volta per tutte il problema dell’autostrada Milano-Brescia che, ormai incapace di sopportare il traffico quotidiano, dovrà essere presto raddoppiata. Un tradizionale raddoppio delle corsie a cielo aperto presenta difficoltà per l’espropriazione di terreni, case e fabbriche lungo l’autostrada. Mentre una sopraelevata aumenterebbe l’inquinamento. II raddoppio sottoterra, invece, non presenta inconvenienti. Affidato alla valutazione tecnica dell’Università di Castellanza, il progetto prevedeva un tunnel di 60 km che sarebbe corso a 15 metri di profondità intervallato da tratti all’aperto di 30-50 metri. Tratti in cui la nebbia non sarebbe riuscita a formarsi grazie al calore proveniente dalle gallerie. «Non solo: i gas di scarico dei veicoli sarebbero stati abbattuti da filtri meccanici ed elettrostatici» spiega l’architetto Fernando De Simone, progettista alla Nocon. Questa autostrada non sarà però realizzata. Milano-New York via terra è uno dei progetti più ambiziosi: sarà una realtà concreta tra 15 o 20 anni quando termineranno i lavori del collegamento che unirà due tra i più isolati luoghi della Terra, la punta più orientale dell’Alaska con quella più occidentale della Russia. Il collegamento, che dovrebbe costare tra i 40 e i 50 miliardi di euro, avverrà per mezzo di un tunnel che attraverserà lo Stretto di Bering, il canale naturale che mette in comunicazione l’Oceano Pacifico con il Mar Glaciale Artico. Uno scavo già ipotizzato come fattibile dal Servizio geologico americano nel 1986, ma che non è stato mai realizzato per la mancanza di fondi. La conferma che ora il tunnel prenderà il via al più presto viene dalle autorità russe, le quali sostengono che il progetto di fattibilità ha superato tutte le prove e che la partenza è solo una questione di tempo. Sarà il più grande progetto del genere, ancora più complesso del tunnel scavato sotto la Manica. Il traforo verrà realizzato dove America e Russia si trovano a soli 37 km l’una dall’altra, la distanza che separa Capo Deznev, nella Penisola dei Cukci, da Capo Principe di Galles in Alaska. Ma, per questioni di sicurezza, lo scavo si distenderà per circa 96 km. L’area, infatti, dal punto di vista geologico è molto attiva e quindi è necessario scendere nella crosta oceanica fino a profondità tali da superare la presenza di fratture che potrebbero convogliare l’acqua di mare all’interno del tunnel. «Non ci dovrebbero essere particolari difficoltà per quel tipo di scavo» ha spiegato Albert Artiaux, responsabile delle ferrovie francesi, che è stato coinvolto nello studio del progetto di fattibilità «con l’unica eccezione della sua lunghezza». «Lo studio realizzato è così approfondito che può già essere sottoposto all’analisi della Banca Mondiale e ai governi russo e americano per i finanziamenti necessari» ha rivelato Viktor Razbegin, direttore del Centro per i Progetti dei Trasporti di Mosca. L’unico problema, ha spiegato Razbegin, è che la ferrovia più vicina al tunnel, sul versante russo, si trova a 1.600 km di distanza, a Magadan, dove transitavano i prigionieri deportati ai campi di lavoro sotto Stalin. La Russia è molto interessata a un progetto simile perché desidera una via su terra per esportare con maggiore facilità petrolio, gas e minerali. Sottoterra potrebbero finire più semplicemente strutture come i depuratori, che servono per pulire le fogne dall’inquinamento, o potabilizzatori, che rendono potabile l’acqua dei fiumi, dei laghi o delle falde. Qualcuno si è già attivato, e tanto per cambiare stiamo parlando della Norvegia: a Oslo, ricavato nelle caverne, esiste un enorme impianto per il trattamento delle acque potabili, distribuite in città tramite un sistema di tunnel. In Italia ci sono pochi esempi di depuratori sotterranei. Uno è stato costruito a San Lorenzo di Brunico (Bolzano) per servire oltre 130 mila persone. Un altro è stato costruito a Como. Restando sempre in tema di acqua, nelle città attraversate da un fiume, si potrebbe sfruttare il letto del fiume per costruire una strada. Per esempio a Roma, dove, secondo De Simone, si potrebbe sfruttare il letto del Tevere, il fiume che taglia la capitale in due parti e sotto al quale non vi sono reperti archeologici che spesso bloccano i lavori edili. Per realizzare un’opera del genere bisogna scavare il letto del fiume e depositare nello scavo prefabbricati in cemento armato a forma di mattoni forati, trasportati come zattere galleggianti. Riempiendosi d’acqua i mattoni affondano. Una volta sul fondo, i blocchi vengono saldati gli uni agli altri, e l’acqua al loro interno aspirata. Infine si riporta il letto del Tevere alla sua quota iniziale per evitare alterazioni idrogeologiche. Un progetto simile è stato presentato anche per Firenze, che è tagliata dall’Arno. I blocchi prefabbricati da adagiare sul fondo di golfi marini antistanti centri urbani, dove far confluire la maggior parte del traffico cittadino, sono da molto tempo la soluzione adottata nei Paesi nordici. II sistema in Italia permetterebbe di decongestionare il traffico molto intenso in città come Napoli, Trieste, Genova. Mare e montagna offrono possibilità simili a quelle del sottosuolo. L’architetto Jacques Rougerie conta al suo attivo già diversi edifici sottomarini costruiti nel Mediterraneo tra il 1977 e il 1991 (Galathée, Aquabulle e Hippocampe) e ora sogna di ripetere l’impresa negli Usa con un villaggio sotto il mare capace di alloggiare dai 50 ai 500 abitanti. Si tratta di un villaggio turistico dove passare qualche giorno a diretto contatto con la natura sottomarina. Ma in questo caso i costi sono notevolmente superiori rispetto a quelli per costruire sulla superficie terrestre. Anche in montagna è possibile sfruttare il sottosuolo. La prima funicolare italiana interamente sotterranea è quella di Campodolcino, vicino Madesimo (Sondrio): costruita dentro una galleria per 1.400 metri, è in grado di trasportare 2.500 persone l’ora dal comune alla frazione Motta, settecento metri più in alto. In città congestionate dal traffico, scavare parcheggi nel sottosuolo diventa un’esigenza sempre più urgente. A Milano, gli esperti del Comitato ”città sotterranea” propongono da tempo molti progetti per ricavare posti macchina sottoterra. Si potrebbero scavare piccoli spazi, contenenti una cinquantina di veicoli, anche sotto gli edifici. Questi parcheggi avrebbero la caratteristica di essere automatici: sarebbero in grado di ricevere le automobili su una piattaforma che, guidata da un computer, le trasporterebbe nei box. Un sistema di questo tipo verrebbe a costare circa 80 milioni per posto auto, e la soluzione sarebbe applicabile a qualsiasi città italiana. Tra i vantaggi del sottosuolo anche la maggiore sicurezza. Al contrario di quello che si potrebbe immaginare, infatti, là sotto i terremoti hanno conseguenze minori, sia sulle costruzioni che sulle persone. Sottoterra, infatti, gli edifici risultano solidali alla roccia in cui sono scavati e quindi più stabili e sicuri. Mario Torre