Varie, 26 agosto 2004
FOIS
FOIS Marcello Nuoro 1960. Scrittore • « nato a pochi metri dalle case di Grazia Deledda e Salvatore Satta ma non sta in questo la predestinazione quasi genetica alla scrittura, che Marcello Fois ci racconta d’aver percepito fin da adolescente. L’autore di Sempre caro, romanzo-rivelazione tradotto in 23 lingue, di Picta (che vinse il premio Calvino nel ’92), Ferro recente, Meglio morti per non citare che alcuni dei suoi gialli - o presunti tali - dove le cadenze della narrativa di genere vengono asciugate e sincopate in libri duri, affascinanti e spesso onirici, sa di essere stato messo sulla strada della letteratura da questa città: da questa città nel suo insieme, perché a Nuoro, ci spiega, l’arte di raccontare fa parte della vita quotidiana e della tradizione. ”Qui non è proprio niente di speciale. Semmai è ’speciale’ che io sia diventato un autore tradotto all’estero. Però per i miei concittadini il fatto che io scriva romanzi è la cosa più naturale di questo mondo. Tutti raccontano benissimo, sono nato in una società dove chi racconta è autorevole, e pertanto ha anche una responsabilità. Esiste un rispetto ancora arcaico per chi ha qualcosa da dire [...] Ci sono anche motivazioni storiche. Al di là dei folklorismi, questa è una caratteristica molto barbaricina. La conversazione in quanto tale non esiste. Esiste invece quello che ti siede accanto e ti dice: adesso senti che cosa mi è successo. C’è una spiegazione ufficiale, ovviamente. Questa è una cultura che ha incontrato la parola scritta molto tardi, portata dai piemontesi. E si è adattata lentamente. Un detto nuorese suona così: ’Il cielo è stellato e misterioso come una lettera’. La lettera rappresenta qualcosa di esoterico, perché il mondo si spiega con la voce e con la memoria. Ancor oggi gli affari si stipulano sulla parola. Chiedere un contratto scritto suona come un’offesa, una mancanza di fiducia [...] Qui si legge e si ascolta molto. La Barbagia gode di una sorta di arretratezza positiva. una società non televisiva. Qualche volta essere arretrati è un vantaggio, non solo un problema [...] Ho instaurato un rapporto ’pittorico’ con Nuoro, come chi si allontani un poco per vedere tutto il paesaggio che dipingerà sul cavalletto. Se stai troppo vicino lavori solo sul contingente. E poi chi vive qui possiede questo patrimonio, ma non può utilizzarlo perché deve affrontare problemi d’ogni genere, dai servizi alla sanità, agli aerei che non partono quando c’è tempesta [...] Quando ero un perfetto sconosciuto avevo un amico semi-punk: Carlo Lucarelli. Non trovava il titolo per una sua storia appena terminata. Gli suggerii Carta bianca [...] Di quella stagione ricordo soprattutto la gratuità. L’idea di dover scrivere per sopravvivere, ma non in senso economico. La scrittura mi serviva, e mi serve, per abitare nel mondo, altrimenti non ci starei”. I suoi romanzi sono dei gialli molto particolari. Non seguono le regole ”classiche” nella costruzione delle trame. Spesso danno l’impressione di anticipare i colpi di scena, sembrano svelare troppo e poi tirarsi indietro. Vanno per sprazzi, illuminazioni. La tensione pare nascere più dalle situazioni che dalla trama. [...] ”le ’regole’ del Dr. Jekyll e Mr. Hyde non sono le stesse dei romanzi di Agatha Christie. Mi ritengo molto fedele al versante letterario del giallo, e meno a quello tecnicistico. Sono un anche un pessimo lettore della Christie. L’approccio alla Stevenson è quello che si sposa più con la mia visione del mondo. Mi interessano i libri che mi fanno domande, che dicono: tu credi di sapere, ma non sai. Quindi adesso ti siedi e mi ascolti... [...] In questo sono ostinatamente sardo. E la struttura del ’genere’ mi sembra fondamentale per il rapporto col lettore. Un rapporto di onestà. L’idea, molto sarda appunto, che anche le cose allegre si fanno seriamente. In altre parole, ritengo che non si debba ’fare’ lo scrittore, ma ’essere’ uno scrittore. Invece sono circondato da gente che fa lo scrittore, e da tantissimi scrittori senza scrittura. Riesco a spiegarmi? [...] Diciamo che quando vengono prima gli scrittori e poi eventualmente la scrittura, c’è dietro qualche ufficio stampa che sta vendendo merce scadente. Per fare questo lavoro bisogna vivere nell’ossimoro, essere presuntosamente umili. In altre parole, se non si scrive con la presunzione di cambiare il mondo è meglio cambiare mestiere [...] Con Andrea Camilleri ho un rapporto non stilistico; lui ha inventato un linguaggio, io banalmente uso la mia lingua madre. Vorrei semmai poterlo imitare come persona. [...] Per molto tempo sono stato felicemente un autore di nicchia. Senza tensioni. Poi Sempre caro, uscito per un editore di Nuoro, ’Il Maestrale’, ha avuto una lusinghiera recensione di Sergio Pent su ’Tuttolibri’, che mi ha scoperto e lanciato [...]”» (Mario Baudino, ”La Stampa” 27/8/2004).