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 2004  agosto 25 Mercoledì calendario

Pound DickRichardPound

• Nato a St. Catharines (Canada) il 22 marzo 1942. Avvocato. Manager. Politico. Nuotatore. Capo della Wada (l’Agenzia mondiale antidoping). « un dirigente navigato soprattutto nel campo del marketing. Tre lauree (economia e commercio, lettere e giurisprudenza), brillanti trascorsi da nuotatore (quinto nella finale dei 100 stile libero alle Olimpiadi di Roma ’60 e medaglia d’oro ai Giochi del Commonwealth del ’62), ha svolto le funzioni di ”ministro delle finanze” del Cio dall’87, l’anno in cui divenne vicepresidente, fino al 2001. La sua competenza giuridica lo portò a occuparsi della sponsorizzazione del marchio olimpico, dei diritti televisivi e delle questioni di diritto derivanti dall’anomala struttura sovranazionale del Cio, considerato una sorta di governo off shore dello sport mondiale. Ha assicurato alle istituzioni olimpiche, gli riconoscono anche i detrattori, un grande benessere economico. Di doping Pound cominciò a interessarsi nel ’98, l’annus horribilis in cui il ciclismo toccò il fondo al Tour de France (con il ritiro di sei squadre) e l’allenatore Zdenek Zeman denunciò la presenza di sostanze sospette anche nel calcio. Samaranch reagì con scarsa energia mettendo al bando solo la lista dei medicinali che potevano creare seri problemi alla salute. Ma non era più tempo di pannicelli caldi. Il problema si era acutizzato, occorreva approntare terapie radicali. Fu così che il Cio nel ’99 decise di far nascere l’Agenzia mondiale antidoping, coinvolgendo nel progetto anche i governi dei paesi aderenti al movimento olimpico, l’Onu, l’Organizzazione mondiale della sanità e i rappresentanti degli atleti. Affidando la guida del direttorio a Pound che fissò il quartier generale a Montreal e in vista delle Olimpiadi invernali di Salt Lake City preparò 40 dossier sull’Epo e sull’ormone della crescita e 3.500 test. Per poi definire nel 2003 il codice mondiale antidoping che, oltre ai medicinali nocivi per la salute, proibisce qualsiasi espediente possa rafforzare la prestazione sportiva o risulti estraneo al principio di lealtà nelle competizioni (è prevista la sospensione per due anni dei trasgressori, salvo il ricorso al Tribunale dell’arbitrato sportivo). Un irrigidimento che sulle prime provocò il rigetto delle Federazioni forti. Hein Verbruggen, presidente dell’Uci (la Federazione internazionale ciclistica) si dimise dalla Wada protestando contro ”l’intransigenza persecutoria” di Pound che voleva punire il ciclista spagnolo Igor Gonzalez de Galdeano, reo di aver assunto un farmaco contro l’asma. Sepp Blatter, il numero uno del calcio mondiale, definì papale papale l’agenzia antidoping ”una specie di mostro”. Il percorso fu reso ancor più accidentato dall’assenza di diplomazia di Pound, un carattere irruente che attacca a testa bassa. Dopo aver perso la sfida contro Rogge per il vertice del Cio, cercò di infangare la vittoria del rivale denunciando un voto di scambio: l’appoggio dei paesi asiatici all’ortopedico belga a patto che fosse garantita l’assegnazione delle Olimpiadi 2008 a Pechino. Prima di Salt Lake City si impegnò a smascherare i membri del Cio che si erano fatti corrompere con borse di studio e operazioni di chirurgia estetica per sostenere la candidatura americana. Ebbe un battibecco anche con Mario Pescante, membro Cio, rinfacciandogli la morosità del governo italiano nel pagamento delle quote alla Wada. Ad Atene, alla vigilia dei Giochi, ha scagliato frecce acuminate contro la Federazione americana di atletica, che nonostante l’impegno nella lotta alle droghe di George Bush, ”invita i suoi atleti a flirtare con il doping”. E se l’è presa anche con la Juventus che se al termine del processo in cui è imputata risultasse colpevole, ”dovrebbe restituire i titoli vinti nelle stagioni incriminate”. [...]» (Gianni Perrelli, ”L’Espresso” 26/8/2004).