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 2004  agosto 24 Martedì calendario

Che la Serra della Capivara sia un luogo speciale lo si intuisce immediatamente. A cominciare dalla pista del pittoresco comune di São Raimundo Nonato, su cui atterrano i piper provenienti dall’aeroporto di Teresina: 50 metri asfaltati che interrompono una distesa brulla sopra cui dormono cani e asini selvatici

Che la Serra della Capivara sia un luogo speciale lo si intuisce immediatamente. A cominciare dalla pista del pittoresco comune di São Raimundo Nonato, su cui atterrano i piper provenienti dall’aeroporto di Teresina: 50 metri asfaltati che interrompono una distesa brulla sopra cui dormono cani e asini selvatici. Un luogo onirico la Serra della Capivara, che custodisce un segreto lungo milioni di anni. Il segreto dell’origine dell’uomo. La storia comincia alla fine degli anni Sessanta, quando l’allora sindaco della città di São Paulo mostrò all’archeologa franco-brasiliana Niede Guidon l’istantanea di un rupestre inciso su una parete della Serra. L’archeologa capì immediatamente la portata della scoperta, ma una spedizione condotta nell’aprile dello stesso anno naufragò nelle piene dei torrenti della Serra. Solo nel 1970 la Guidon tornò a ripercorrere i dirupi della Serra. Lo spettacolo fu mozzafiato; a tal punto che, ancora oggi, si commuove raccontando questa storia. Dopo un lungo percorso a piedi raggiunse la Toca della Pedra Furada, e il panorama che si svelò offrì lo spettacolo di oltre 200 siti archeologici. Anche se questo sarebbe stato solo un assaggio. Da allora ogni spedizione portò nuove scoperte fino al 1978, anno in cui si raggiunse la cifra di 759 siti archeologici per un totale di 7.000 dipinti rupestri. Mancava solo una cosa: dare una storia a quei frammenti di passato. Era evidente, infatti, che i reperti dimostravano che nello stato del Piauì vivevano comunità di ominidi tra le più antiche in America a dispetto della teoria sull’origine dell’uomo secondo cui, in un periodo compreso tra 50.000 e 40.000 anni fa, alcune comunità di Homo sapiens, transitando attraverso lo stretto di Bering, avrebbero colonizzato il Nordamerica per raggiungere, solo in un secondo tempo, la parte sud del continente. Ma non è l’unica novità: il Parco nazionale della Serra della Capivara detiene un record relativo al più antico dipinto rupestre datato fin a oggi. La notizia è stata ufficializzata lo scorso 29 aprile nel corso di un congresso mondiale. La datazione del dipinto è stata effettuata con il metodo della termoluminescenza per via indiretta, ossia attraverso l’analisi degli oggetti ritrovati in prossimità delle pitture stesse. La pittura in questione era ricoperta da uno spesso strato di calcite depositatasi in epoca successiva. Eseguita dall’Università di São Paulo in collaborazione con l’Università di Osaka in Giappone, la termoluminescenza ha evidenziato che la calcite vantava oltre 40.000 anni. E di conseguenza il dipinto circa 8.000 di più. La notizia rivoluzionerebbe il panorama sulle pitture rupestri. Infatti, a oggi i graffiti più antichi si trovano in Francia tra Lascaux e la Ferraise che, pur vantando una datazione di 37.000 anni, non potrebbero competere con i 48.000 del dipinto della Serra della Capivara. Primato o meno di datazione, i rupestri della Serra sono eccezionali per il numero e la varietà con cui si differenziano dai dipinti francesi. Classificati in due categorie: i nordeste e gli agreste, a seconda della presenza o meno della rappresentazione umana. La tradizione nordeste presenta raffigurazioni antropomorfe e zoomorfe e la sua genesi coinciderebbe con l’Olocene, periodo in cui i mutamenti climatici portarono a un sovvertimento delle condizioni di vita nella regione. Risalgono, invece, al Pleistocene frammenti scoperti nelle zone limitrofe alla Toca della Pedra Furada che testimonierebbero la presenza di comunità umane già 29.000 anni fa. Più giovane la tradizione agreste, le cui pitture si trovano spesso sovrapposte a quelle del nordeste. Ricerche archeologiche lasciano pensare che il luogo d’origine sia il bacino del fiume São Francisco. I rupestri non sono gli unici reperti che i labirinti della Serra custodiscono. Fossili di smilodonti, le terribili tigri dai denti a sciabola, i cui canini raggiungevano i venti centimetri di lunghezza, sono stati trovati poco distanti dagli insediamenti umani. Priodonti giganti, antenati degli attuali armadilli, popolavano le distese della Serra fino al momento della loro estinzione avvenuta 9.000 anni fa. Sezioni del guscio di questo tanker preistorico sono conservati oggi nelle celle frigorifere dell’archivio del Museo Du Homen Americano di São Raimundo Nonato. Anche se i reperti che più di tutti spiccano appartengono a uno dei giganti della preistoria: l’Eremotherium laurillandi. Predecessore del nostro bradipo, l’Eremotherium viveva in luoghi umidi come la pampa argentina o il pantanal brasiliano. A conferma del fatto che un tempo il clima della Serra era ricco di precipitazioni. Gigante buono, questo ungulato i cui artigli superavano la lunghezza di un avambraccio, pesava quanto un mammuth. Una testa piccola sovrastava il corpo possente che, pur superando i sei metri d’altezza, non riuscì a sopravvivere alla furia dei mutamenti climatici. Eleonora Boggio