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 2004  agosto 24 Martedì calendario

In Europa è tornata la ”febbre dell’oro”. Il neoministro delle Finanze francese, Nicolas Sarkozy, ha iniziato una lunga e controversa discussione con il governatore della Banca di Francia per convincerlo a cedere una parte dell’oro custodito nei caveaux della banca centrale

In Europa è tornata la ”febbre dell’oro”. Il neoministro delle Finanze francese, Nicolas Sarkozy, ha iniziato una lunga e controversa discussione con il governatore della Banca di Francia per convincerlo a cedere una parte dell’oro custodito nei caveaux della banca centrale. In un Paese in cui il debito pubblico si aggira attorno ai 60 miliardi di euro e il solo onere degli interessi su questo debito costa 40 milioni, le riserve auree custodite dalla Banca di Francia non possono non fare gola a un governo che, come tutti quelli degli altri Stati europei, lotta quotidianamente con il rispetto dei famosi parametri di Maastricht. Il progetto di vendere una parte delle riserve auree della Banca Centrale parigina (la proposta prevedeva la cessione di 500 tonnellate d’oro in cinque anni) si è scontrata però con la resistenza del custode dell’oro francese, il governatore Noyer, che alla fine ha accettato l’idea di investire una parte dell’oro e di concedere al Tesoro il reddito prodotto dall’investimento delle 500 tonnellate (pari a circa 200 milioni di euro). Ma la ”febbre dell’oro” non ha contagiato solo la Francia. In un’Europa che attraversa una fase di crescita estremamente debole, non è difficile capire come mai i governi cerchino in tutti i modi di risanare le malandate finanze pubbliche e di trovare nuovi modi per fare cassa... Ma qual è il valore delle riserve auree custodite dalle banche centrali in Europa e nel mondo? E quando gli Stati hanno iniziato ad accumularle? L’oro cominciò a essere accumulato nei forzieri delle banche centrali nel 1816, quando l’Inghilterra, la superpotenza del XIX secolo, adottò il cosiddetto sistema del ”Gold standard”. Questo sistema prevedeva che le monete nazionali fossero convertibili in oro. Per i Paesi che aderivano al ”Gold Standard” la quantità di moneta in circolazione era legata alle riserve d’oro e la convertibilità valuta-oro era garantita a un ”prezzo fisso”. La Banca d’Inghilterra, al centro di questo sistema, godeva di tale e universale fiducia che in realtà aveva bisogno di ben poco oro (nel 1870 solo 161 tonnellate, diventate 248 nel 1913). Al contrario, gli altri Paesi aderenti al ”Gold Standard” dovettero iniziare ad accumulare oro per poter mantenere la convertibilità a un prezzo fisso. Potendo contare su una credibilità ben inferiore a quella della Banca d’Inghilterra dovettero, quindi, costituire riserve più importanti. Nel 1913 gli Stati Uniti avevano 2.293 tonnellate, la Francia 1.030, la Russia 1.233 e perfino il Regno d’Italia aveva all’epoca più riserve dell’Inghilterra, con 355 tonnellate. La quantità totale di riserve auree al mondo, alla vigilia della Prima guerra mondiale, si aggirava attorno alle 8.000 tonnellate. Fu l’inizio della Prima guerra mondiale a sconvolgere l’ordine esistente e a decretare la fine del sistema aureo, aprendo la porta a un periodo di forte instabilità. Solo nel 1925 l’Inghilterra tornò al sistema prebellico e le banche centrali affiancarono alle riserve auree alcune valute convertibili (dollari, sterline, franco francese, ecc.) dando così vita al ”Gold Exchange Standard”. Ma anche questo nuovo sistema ebbe vita breve. Nel 1934, sotto il presidente Roosevelt, dopo la grande crisi del ’29, gli Stati Uniti dichiararono che i privati non potevano più convertire i dollari in oro. Ormai i nuovi ”padroni dell’oro” erano gli Usa con 18.000 tonnellate, pari al 65% dell’oro esistente nel mondo. L’oro era così diventato una vera e propria arma economica nelle relazioni internazionali. Nel 1944, alla vigilia della fine della Seconda guerra mondiale, Gran Bretagna e Usa proposero ai rappresentanti di 44 paesi riuniti a Bretton Woods la creazione del Fondo Monetario Internazionale (Fmi). Il prezzo dell’oro venne fissato a 35 dollari per oncia. A questa cifra gli Usa si impegnarono a comprare oro da chiunque e a venderlo solo alle banche centrali. Inoltre, ogni Paese partecipante fu obbligato a versare al Fmi una quota d’oro e di moneta nazionale e a dichiarare la parità tra la propria valuta e l’oro o, indirettamente, il dollaro. Gli Usa diventarono in questo modo gli unici a poter effettuare il cambio diretto cartamoneta-oro e il dollaro diventò di fatto la prima ”valuta globale”. L’apice di questo sistema fu toccato negli anni 60, quando le riserve ufficiali raggiunsero le 38.000 tonnellate, circa la metà di tutto l’oro estratto a quel tempo. Le banche centrali erano costrette a detenere ingenti quantità del metallo perché esso era il fondamento del sistema monetario internazionale, l’ancora alla quale tutte le valute degli Stati membri erano legate, direttamente o indirettamente. Fino al 15 agosto 1971, giorno che segnò l’inizio di un cambiamento storico radicale. Il presidente Nixon, infatti, decise che gli Usa avrebbero sospeso definitivamente la convertibilità del dollaro in oro. Perché si arrivò a questa decisione? In realtà a Fort Knox, il forziere statunitense dove sono custodite ancora oggi le riserve auree ufficiali, gli Stati Uniti non avevano abbastanza oro per convertire tutti i biglietti verdi in circolazione (in pratica avevano stampato più dollari delle riserve d’oro disponibili). Quindi la convertibilità del dollaro in oro non aveva più nessun significato concreto. E per questo due anni dopo, nel 1973, i governi europei chiesero agli Usa che il mercato ufficiale del metallo prezioso venisse abolito per poter vendere oro sul mercato libero. Il Fmi dovette così restituire una parte delle riserve ai Paesi che l’avevano depositato. Si trattò di un momento storico di grande importanza, perché l’oro perse il suo ruolo di fondamento del sistema finanziario mondiale. Da qui ha inizio la storia recente del sistema finanziario mondiale, che oggi è sostanzialmente basato sul dollaro (Dollar standard). La liberalizzazione del mercato dell’oro fece esplodere il prezzo al punto che nel 1975 un’oncia valeva 200 dollari. Nel 1979 nacque il Sistema Monetario Europeo (Sme) e si decise che i Paesi membri dovessero versare il 20% delle riserve d’oro e il 20% di quelle in dollari in cambio di Ecu. Questa decisione sconvolse gli equilibri preesistenti in termini di detenzione del metallo prezioso. Gli Ecu, e non più il dollaro, avevano come base l’oro e consentivano alle Banche centrali europee di utilizzare parte delle riserve auree. Dal gennaio del 1999, con la nascita dell’Unione Monetaria Europea e dell’euro, venne costituito anche l’Eurosystem (composto dalla Banca Centrale Europea a Francoforte e dalle banche centrali dei Paesi membri), che è diventato il più importante detentore di oro al mondo. Alla fine del 2002 l’Eurosystem aveva in cassa 12.411 tonnellate, ben più della quantità detenuta dagli Usa, pari a 8.135 tonnellate. Ed è proprio a questo straordinario tesoro che puntano i governi europei per risanare i conti pubblici. Ma la ”febbre dell’oro” sarà tenuta a bada proprio dalla Banca Centrale Europea che ha l’ultima parola sull’oro dell’Unione. Manuela Maccia