Varie, 24 agosto 2004
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Delgado Pedro
• Segovia (Spagna) 15 aprile 1960. Ex ciclista. Vincitore del Tour de France 1988, secondo nel 1987, terzo nel 1989, quarto nel 1990, sesto nel 1985 e nel 1992, nono nel 1991 e nel 1993. «Il settantacinquesimo Tour de France verrà consegnato agli annali con il nome di Pedro Delgado. un Tour da dimenticare in gran fretta, titola l’’Equipe”, per via dell’affaire. La maglia gialla è il totem che bisogna rispettare: è il sole che non ammette ombre. Chi la detiene ne è il custode. L’affaire è, dunque, Pedro Delgado, nato a Segovia, di anni 28: un brutto giorno accusato di doping e ad intervalli di 48 ore (in sede di appello) dichiarato innocente, ma per insufficienza di prove. Nello spazio di tempo fra il primo verdetto e l’assoluzione si sono srotolate due tappe. Ebbene Delgado le ha pedalate con autorità. uno spagnolo a sangue freddo, assicura il suo connazionale Luis Ocana. Cappello! La pressione psicologica era pesante. Si fa presto a dire. Una fuga di notizie viene captata, una sera, da un potente canale televisivo Antenne 2. Delgado è dopato. Il direttore sportivo della squadra, lo apprende dal teleschermo. Non ha cuore di comunicare la brutta nuova all’interessato. Chiama il co-equipier di Pedro, il vecchio Arnaud, perchè lo informi. Arnaud divide la camera con Delgado: e nei giri e nei tour, è risaputo, la camera d’albergo è la tenda del guerriero. Delgado assorbe il colpo di k.o. e l’indomani si presenta al ritrovo di partenza, gli occhi leggermente cerchiati. Ha dormito? Non ha dormito? Controlla la corsa e tace. Ha perduto il sorriso, che sul suo volto di castigliano è sempre stato, per la verità, un barlume bianco-rosa. I mass-media tuonano: riecheggiano un tonfo, il deprecabile tonfo di una maglia gialla, ad un passo da Parigi. La casa di Delgado annuncia con un comunicato di poche righe di avere fatto ricorso in appello. Il pubblico è dalla parte di Pedro. Le risultanze dell’ appello finalmente planano sul Tour de France. La controperizia assolve Delgado, non senza qualche... impurità. [...] Pedro Delgado Don Chisciotte, inconsapevole, asciutto di aspetto e di modi oppure astuto Sancho Pancha? Io non lo so. [...]» (Mario Fossati, ”la Repubblica” 26/7/1988). «Pedro Delgado è il terzo spagnolo vincitore di Tour. [...] Pedro Delgado, il terzo vincitore, non ha il fascino di Bahamontes, il grimpeur. E neppure assomiglia ad Ocana, che era un bellissimo disegno accademico. uno spagnolo freddo: è un picador triste. [...] Il vincitore del Tour non appartiene alla schiera dei capiscuola. Era, però, il meglio del gruppo [...] Ha pedalato con la regolarità un poco ottusa di un motore: ha fatto, in fondo, un solo numero: ha centrato la tappa (incriminata) di Villars-De-Lans. Delgado, poi, ha controllato la corsa con intelligenza anche quando un’incresciosa fuga di notizie gli ha rovesciato addosso l’accusa infamante, sei dopato. Un giorno si scriveva che i soigneurs, che non erano mammolette, massaggiavano pure il cervello dei loro protetti, convincendoli al ricorso della farmacia del diavolo. Oggi, dovremmo arguire che vi sono soigneurs in possesso di una laurea in medicina, che non diversamente si comportano. Spesso, sopraffatti dallo sforzo, i corridori ai loro desiderata si adeguano. Ci si interpella a livello della coscienza. Lo sport è un riflesso del mondo attuale, di ciò che noi siamo. Pedro Delgado viene ritenuto un reprobo perché ha offuscato quel sole che è la maglia gialla. Ma l’unico reprobo del Tour, ci si chiede, è dunque lui, soltanto lui, il vertice? Nello sport dovrebbe essere applicata una giustizia più equa: intransigente sì ma a condizione che sia irreprensibile. [...]» (Mario Fossati, ”la Repubblica” 24/7/1988).