Daria Egidi, L’Indipendente 15/08/2004, 15 agosto 2004
unica paura la noia Quello che più sta a cuore a questi allegri festaioli del Settecento è non rimaner preda della malinconia, appannaggio della solitudine e della vecchiaia
unica paura la noia Quello che più sta a cuore a questi allegri festaioli del Settecento è non rimaner preda della malinconia, appannaggio della solitudine e della vecchiaia. Contro la noia ogni fatuité è ammessa. Le compagnie si spostano di villa in villa, rumorose, e si tira tardi ballando. E giocando d’azzardo. Il nobile e scrittore milanese Pietro Verri ci dice che l’abilità nel gioco dovrebbe essere contemplata nelle qualità proprie delle fanciulle di buona famiglia, dovrebbe far parte della loro educazione. Difficile dubitare che tale raccomandazione pedagogica sia stata più fedelmente seguita nel corso dei secoli. Nel Settecento è ancora Venezia a registrare un primato: si dice che sia la capitale del gioco tanto che a un certo punto, nel 1774, il senato della città è costretto a proibirlo perché sono davvero troppe le famiglie che si sono trascinate nel fallimento sfidando la sorte sul tavolo da gioco. Ma nelle ville tutto sembra permesso: di pomeriggio le compagnie si siedono attorno ai tavoli e fanno l’alba con le carte in mano. Lasciamo ancora una volta la parola a Goldoni e al suo personaggio, Leonardo, che rivolto al servitore intento a preparare i bauli lo comanda: «Fate che vi sia il bisogno di carte da giuoco con quel che può occorrere per sei o sette tavolini, e soprattutto che non manchino le candele di cera». Tra i giochi più amati in tutta Europa c’è il faraone, che tanto piace a Casanova, il quale nelle sue Memorie lo descrive con minuzia. Proibito oggi come allora, il faraone è un gioco di sola fortuna, dove l’abilità non c’entra nulla. Si gioca con due mazzi completi di carte francesi. Ogni giocatore pesca una o più carte e su ciascuna punta una somma. Il banco estrae due carte: una per sé, l’altra per i giocatori (chiamata carta inglese). Se le due carte sono uguali, il banco vince tutto; altrimenti si prende le puntate di tutti i giocatori che hanno carte uguali alla sua mentre paga quelle che hanno lo stesso valore della carta inglese. Le partite si susseguono a una velocità paragonabile a quella del moderno Bingo. Casanova spiega che l’unico modo per vincere è accordarsi con chi tiene banco, ammesso che sia un baro professionista. Un altro gioco che va per la maggiore è il biribissi, una specie di lotteria dove si estraggono delle palline di legno da un sacco. Così facendo mucchi di zecchini si trasferiscono da un paio di mani all’altro.