Varie, 24 agosto 2004
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CRESSON Edith (Edith Campion) Boulogne-Billancourt (Francia) 27 gennaio 1934. Politico • «A Parigi se lo ricordano tutti che il servizio di sicurezza l’aveva soprannominata ”allez, cocotte”
CRESSON Edith (Edith Campion) Boulogne-Billancourt (Francia) 27 gennaio 1934. Politico • «A Parigi se lo ricordano tutti che il servizio di sicurezza l’aveva soprannominata ”allez, cocotte”. Dove ”allez” significa ”forza!” e cocotte è meglio non tradurlo, trattandosi di una signora. Era il 1991 e Edith Cresson guidava il governo francese, prima donna nella storia della Repubblica a coprire quell’incarico. La chiamavano in quel modo perché lei in macchina non saliva, ci si fiondava dentro lanciando il grido di guerra. E dove andasse lo sanno Dio e quelli della sicurezza, che sono per formazione tipi discreti. Ma sono anche giovani e qualche volta un po’ chiacchieroni. Comunque fu una meteora durata solo undici mesi. Ma furono memorabili. Al Consiglio dei ministri, che in Francia è presieduto dal presidente della Repubblica, e in quegli anni era quel monumento di Francois Mitterrand (l’aveva voluta lui a quel posto), arringava i colleghi così: ”Questo è quel che c’è da fare. Se la gente protesta chi se ne frega. Merde!”. Conclusione che in francese non dà spazio a repliche. Lei che ha una seria formazione economica, andò a visitare la Borsa e disse che quell’istituzione è ”il più straordinario troiaio che si sia mai visto al mondo”. Decenza vieta di riferire cosa diceva degli industriali. Poi infilò una tale serie di sciocchezze che perfino il suo grande protettore dovette abbandonarla. I risultati di quel governo si videro alle elezioni successive: mestamente, la Francia socialista cedette il campo a un esecutivo di centro destra [...] Ma Mitterrand era un uomo con la memoria lunga; non dimenticò di averla conosciuta, ragazzina entusiasta disposta a spendersi senza riserve, nelle sezioni socialiste dover girava il ciclostile e leccava i francobolli ai tempi cupi durante i quali la sinistra cercava inutilmente di opporsi alla marea montante della destra. Poco prima di morire, la compensò designandola Commissario europeo, cioè un ministro dell’Unione. E lì la signora ormai alle soglie dei 65 anni, ma ben portati, ha combinato un tale disastro da mettere l’Ue davanti a un fatto che i padri nobili, le regole, le procedure burocratiche, non avevano neppure contemplato come possibile: che il governo dell’Unione si dimettesse all’improvviso, lasciando quindici paesi senza una guida politica. Invece è accaduto, all’una meno dieci della notte del 16 marzo 1999: per la prima volta dacché esiste [...] Perché è successo questo? una storia che parte da lontano ma è facile da spiegarsi in poche parole: a Bruxelles, sede del Parlamento e del governo del-l’Unione, la finanza era diventata allegra e tutti rubacchiavano come potevano. I deputati si facevano rimborsare viaggi mai fatti e case mai abitate; i potenti assumevano ad alto stipendio [...] Era una cosa che si sapeva da tempo e non se ne erano fatti interpreti gli organi di vigilanza e controllo dell’Unione ma la stampa che batteva sul tamburo a occasioni ricorrenti. Come fa a nascere uno Stato nuovo chiamato Europa se ai suoi primi passi i massimi rappresentanti dimostrano di non avere dignità, rigore amministrativo, venerazione per la finanza pubblica e dove chiunque può va all’assalto della cassa comune nell’indifferenza generale? La cosa non stava bene ai tedeschi e olandesi, noti calvinisti. Non stava bene neppure agli inglesi, che in Europa ci stanno con un piede dentro e uno fuori, ma non perdono occasione per sottolineare che la baracca non funziona. E a ogni zeppa che mettono, fanno un gran favore ai loro amici americani. Alla fine il presidente Santer è stato costretto a nominare una commissione di cinque saggi (un francese, un olandese, una svedese, uno spagnolo e un belga, tutta gente con salda esperienza nel controllo dei conti pubblici) che in un rapporto di 120 pagine ha girato il pollice in basso: ”Qui nessuno controlla niente e questo implica una pesante responsabilità sia dei Commissari presi separatamente che della Commissione nel suo complesso”. A nessuno dei Commissari sono da attribuirsi fatti specifici. Tranne che a una: Edith Cresson. Diede problemi già all’esordio: voleva il ministero dei Rapporti coi paesi dell’Est. Mentre dirigeva una società dal nome elegante, Sisie, specializzata nel fornire assistenza tecnica proprio ai paesi dell’Est. Santer le sbattè la porta in faccia, ma ce ne mise. Si dovette accontentare del ministero della Ricerca, Formazione, Educazione. Roba di secondo piano. Anche da lì è riuscita a combinare un disastro. Per cominciare, non c’era quasi mai e preferiva fare il sindaco di Châtellereaut, buchetto di men che duemila anime. Quando c’era, aveva un nemico che voleva morto: Karel Van Miert, socialista belga, commissario alla Concorrenza. In Commissione gli urlava che era una talpa degli americani dentro l’Unione. E lui non sapeva cosa rispondere alla inviperita signora che diceva palesi scemenze. Nel frattempo lei si era portata a Bruxelles, facendola pagare dall’Unione, un’addetta stampa ex capo redattore del settimanale ”Le Nouvelle Observateur”, Elisabeth Schemla, odiatissima da metà dei giornalisti francesi. Soprattutto si era portata un tipo incaricato di coordinare una ricerca sull’Aids: René Berthelot, di professione dentista. Su costui i cinque saggi hanno detto che non aveva nessun titolo per ricoprire quell’incarico. Tutto quello che faceva era andare su e giù da Bruxelles al municipio di Châtellereau per tenere i rapporti con la base elettorale di Cresson. In pratica era il segretario privato di Madame. Che però lo faceva pagare dall’Ue. E con questo hanno levato la pelle a lei, colta in flagrante reato di nepotismo. [...]» (Roberto Fabiani, ”L’Espresso” 25/3/1999).