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 2004  agosto 23 Lunedì calendario

Gatlin Justin

• New York (Stati Uniti) 10 febbraio 1982. Sprinter. Medaglia d’oro dei 100 metri alle Olimpiadi di Atene (2004). Campione del mondo 2005 dei 100 e 200. Poi squalificato per doping • «Testa bassa, per sfondare il tempo. Poi faccia in alto, per urlare al destino. Poi in ginocchio a terra, per fermare il mondo che gira e il cuore che trema. Poi più niente. Basta, fine, sei padrone. Tu, ragazzo troppo eccitato. Incapace di concentrarti a scuola. Dai Justin, prendi la pillola, e vedrai che ti calmi. Justin, quello che in classe non capiva le domande, perché aveva sempre la testa altrove. Justin, quello che nel 2001 risultò postivo a quella medicina che aiuta a stare attenti a quello che dice la maestra. E che per questo era stato sospeso un anno. Justin Gatlin si è preso i cento metri in 9’’85. Li hai tenuti stretti tra le braccia fino alla fine. Lui, lo svogliato. Con una buona ritmica dei passi, da onda atlantica che si allarga e si distende. E quando piomba sulla riva ha ancora forza per spazzare le ultime conchiglie. 43 passi e mezzo per ingoiare i cento. Nessun nervosismo. Né prima, né durante, né dopo. Vedi che aveva ragione tua madre a farti suonare piano e sassofono? Perché almeno così sul traguardo non arrivi con la musica del caso, ma con un assolo che spezza tutti gli altri. Gatlin [...] che si impacchetta i cento alla sua prima volta. Non proprio uno sconosciuto, ma quasi. Uno sul quale puntavano in pochi, anzi diciamolo, nessuno ci credeva. Troppo ragazzone, con quel torace da galera pieno di tatuaggi, con gli orecchini, con la collana attorno al collo. Con quel modo di fare che hanno i ragazzi dell’ultima fermata a Brooklyn, dov’è nato. ”Quartiere di bianchi e di ebrei”. E dammi cinque, fratello. E te li do, brother. Non un duro, non un bullo da strada, tanto che suo padre, che lavorava nell’esercito, decise di trasferire la famiglia a Pensacola in Florida. ”Io avevo 8 anni, ma nella mia scuola andavano in classe con le pistole dentro ai libri”. Capita, non ti fai rapinare la vita e poi tocca a te portare via speranze e gloria agli altri. Gatlin si è mangiato i cento, come se andasse in un fast-food e ordinasse il suo piatto preferito. ”Il solito, grazie”. Stavano lì ad aspettarlo, i cento. Caldi, caldi, solo per lui. Quando gli altri sono andati ai blocchi di partenza erano già fritti. [...] Poi c’è stato lo sparo. E il ragazzo svogliato a scuola, Gatlin, è stato l’ultimo a partire. Suo l’ultimo tempo di reazione. Tipico di quelli che non sentono la campanella, perché hanno la testa dentro altri suoni. Ma come tutti quelli che hanno paura di far tardi Gatlin si è messo a volare. ”Non ho mai avuto dubbi, sentivo il loro fiato, ma sapevo che non mi avrebbero mai ripreso, ero miglia avanti. Adesso devo solo migliorare in un paio di punti e poi sono pronto per il record del mondo. La cosa più difficile è stato il giro d’onore. Non ero pronto, né preparato, non sapevo cosa fare”. [...]» (Emanuela Audisio, ”la Repubblica” 23/8/2004). «[...] si è preso il titolo ad Atene. Baby Speed, in 9’’85, alla sua prima volta olimpica. Un bambinone, sempre troppo eccitato. Da ultima fermata a Brooklyn, dov’è nato. Torace pieno di tatuaggi, orecchino, catena al collo. Incapace di concentrarsi a scuola. Dai Justin, prendi la pillola, e vedrai che ti calmi. Justin, che in classe non capiva le domande, perché aveva sempre la testa altrove, che nel 2001 risultò positivo alla medicina che aiuta a stare attenti a quello che dice la maestra. E che per questo era stato sospeso un anno. Gatlin che ad Atene si prese i cento [...]» (Emanuela Audisio, ”la Repubblica” 7/8/2005).