Varie, 23 agosto 2004
BANELLI
BANELLI Cinzia Grosseto 25 ottobre 1963. Terrorista. Nota come ”la compagna So”. La prima pentita delle nuove Brigate Rosse. «’Sono entrata nell’organizzazione all’inizio degli anni novanta, i miei unici referenti sono stati sempre Nadia Lioce e Mario Galesi. Ho preso parte ad attività d’inchiesta per l’omicidio Biagi e ho depositato le rivendicazioni dell’omicidio D’Antona. Non ho però preso parte direttamente a fatti di sangue”. Il racconto comincia da lontano, fine anni Ottanta, primi dei Novanta, tra Pisa, Roma e Firenze, le città dove erano sopravvissute schegge delle vecchie Br-pcc, quelle che firmarono i delitti Conti e Ruffilli. Si sofferma sugli ambienti dell’Autonomia operaia pisana, del Comitato Italia-Cuba che si riuniva nel locale dei Cobas delle poste, della Casa dello studente di Pisa e di alcuni centri sociali fiorentini. ” stato un amico comune di Pisa a farmi entrare nell’organizzazione, il mio primo incarico è stato quello di fare la rassegna stampa de ”Il Sole 24 ore’”. [...] Una dura e pura Cinzia Banelli [...] una che ha ”sempre militato nell’estrema sinistra”, convinta ”della concezione leninista della presa del potere e del ruolo del partito comunista”. Dopo l’arresto di Matteini e Fuccini (Roma, aprile 1995), Lioce scompare e ”l’amico comune” convince Banelli a fare qualcosa di più per l’organizzazione: ”Andavo spesso a Roma, sempre con il treno, e incontravo la Lioce a cui dovevo consegnare delle medicine”. La conosceva come Maria, oppure Roberta. Due anni dopo conosce anche Paolo, nome in codice di Mario Galesi che entra in clandestinità nel 1997. ”I miei unici referenti erano loro due, la sede centrale, io ero il loro raccordo in Toscana dove però - mette le mani avanti in modo poco convincente - non avevo contatti con altre persone”. L’organizzazione ha regole ferree di disciplina, segretezza e compartimentazione. Gli incontri ”sempre all’aperto, per lo più a Roma e spesso nella zona del Campidoglio, oppure nei bar” e tendenzialmente veloci. Erano sempre previsti ”recuperi” e tecniche di ”depistaggio”. Il dibattito politico-militare avveniva tramite dischetti e floppy disc. Ognuno scriveva nel proprio computer, poi c’era un luogo e un segnale convenuto per lo scambio del materiale. Banelli ha raccontato che Galesi andava spesso a Firenze e a Pisa: ”Qui faceva un segno sulla cabina telefonica vicino all’ospedale dove lavoro e io capivo che dovevo andare al muro”, cioè alla nicchia tra un muretto e una cabina elettrica che era diventata la buca delle lettere dell’organizzazione, il nascondiglio dove trovare i dischetti con il dibattito politico-militare dell’organizzazione. Banelli ha ammesso di aver partecipato a due rapine di autofinanziamento, a quella di via Torcicoda era assente perché già ”sotto processo” per indisciplina interna. Nell’omicidio D’Antona ha avuto ”solo il ruolo della postina”. ”Un mese dopo il fatto andai a Roma, ho incontrato Lioce che mi ha consegnato copie della rivendicazione e mi ha detto dove dovevo lasciarle”: in due stazioni della metropolitana di Roma e nella cabina telefonica davanti alla fabbrica della Pirelli a Milano. ”Feci tutto con il treno”, ha ammesso Banelli. Rapidi e Espressi lungo itinerari fuorvianti su cui ha viaggiato di notte per non rischiare troppo. Nell’omicidio Biagi, Galesi mi aveva incaricata di pedinare e cronometrare gli itinerari che il professore faceva in bicicletta e poi in treno sulla tratta Modena-Bologna e Bologna-Roma. Di armi e killer, la compagna So dice di non sapere nulla» (Claudia Fusani, ”la Repubblica” 23/8/2004).