Varie, 20 agosto 2004
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Ueberroth Peter
• Evanston (Stati Uniti) 2 settembre 1937 • «Per chi ama lo sport e segue le Olimpiadi, l’immagine più magica e creativa è l’uomo-razzo che atterra sullo stadio accompagnato da mille pianoforti durante la cerimonia inaugurale dei Giochi di Los Angeles 1984. Giochi storici, che nessuno voleva dopo il buco nero di Montreal ”76 e dopo quelli moscoviti monchi di mezzo mondo occidentale. Era appena iniziata l’era Samaranch, il new deal del Cio e dello sport annaspava tra voragini finanziarie e i pugni alzati degli ex dannati della terra. L’edizione del 1984 non trovò neanche una città disposta a candidarsi, ma dalla zucca a stelle e strisce spuntò fuori il mago dei cerchi. [...] Peter Ueberroth racconta ora la storia delle Olimpiadi più geniali e inventive del Novecento. ”Non c’era un soldo, nessuno ci credeva, il governo americano tanto meno. Beh, mi son detto, bisognerà pur cominciare da qualche parte. Così, ho depositato cento dollari in un conto bancario, e con quelli ho aperto una sottoscrizione pubblica per organizzare le Olimpiadi. Sembrava una cosa da pazzi, ma per me che avevo cominciato la carriera friggendo pollo in un bar, quella dei Giochi era solo una delle tante scommesse della vita”. E poi? ”Poi ho cominciato a guardare cosa si potesse fare di meglio spendendo il meno possibile. E allora, niente impianti faraonici, niente cattedrali nel deserto, niente di niente; si usava e si ristrutturava quel che c’era, si dormiva nei campus vuoti, si costruivano le tribune con le assi dimesse. Pagavamo tutto di tasca nostra, dall’acqua, alla luce, agli allacciamenti, alla sicurezza; non c’era modo di far fronte a una scommessa simile se non dimostrando che eravamo gente seria, a cui il vicino di casa avrebbe prestato il tagliaerba e perfino affidato il proprio cane. E così i soldi sono arrivati, prima lentamente, poi più in fretta, e infine a palate perché, dopo gli individui, abbiamo convinto le loro aziende”. Insomma, detta così sembra una cosa da niente, ma in realtà Peter Ueberroth, uomo dell’anno di ”Time Magazine” nel 1984, si era inventato su due piedi il marketing sportivo, le sponsorizzazioni, e soprattutto la miniera d’oro dei diritti televisivi. Mai prima di Los Angeles, infatti, un’Olimpiade aveva potuto e soprattutto saputo mantenersi da sola facendo totalmente a meno del denaro pubblico, e mai un’Olimpiade ha ripetuto un successo finanziario come quello americano. ”Non avevo mai saputo niente di sport, perlomeno non a livello organizzativo. Avevo giocato a pallanuoto, questo sì, con l’unico risultato di farmi rompere il naso da un ungherese gigantesco ma nella vita conta credere fino in fondo nell’impegno che assumi”. Il trionfatore di Los Angeles, il miglior manager olimpico di sempre, ha avuto l’intelligenza superiore di cambiar strada il giorno successivo alla cerimonia di chiusura di quei Giochi: industriale, commissioner del baseball, giocatore di golf: una vita comunque lontana dai cerchi. Vent’anni dopo, improvvisamente, il gran ritorno. Con la candidatura di New York ai Giochi del 2012, Ueberroth è stato infatti richiamato a furor di popolo a presiedere il Comitato olimpico americano perché, come spiega il vicesindaco Dan Doctoroff (miliardario che lavora in Municipio per un dollaro all’anno, appassionato ciclista e capo del ”bid”) ”solo lui può farcela, l’America ha bisogno dei Giochi adesso più che mai” [...]» (Evelina Christillin, ”La Stampa” 20/8/2004).