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 2004  agosto 20 Venerdì calendario

Garbarek Jan

• Mysen (Norvegia) 4 marzo 1947. Compositore. A 14 anni inizia a suonare il sax dopo aver sentito alla radio John Coltrane. Padre del sound nordico, nel corso della sua carriera ha lavorato con artisti del calibro di Chick Corea e Don Cherry, ma sono state le sue collaborazioni con Keith Jarrett a metà degli anni Settanta a renderlo famoso. «Raffinato virtuoso del sax, ha influenzato la scena internazionale anche più del fenomeno Bjork o degli Abba, idoli pop anni ”70. Un amore sfrenato per il jazz, Garbarek ha saputo creare un suono ”nordico” immediatamente riconoscibile: il suo sassofono cristallino e incantatorio, le sue composizioni pervase di misticismo, il gusto per un suono puro che intreccia e trascende l’improvvisazione jazzistica, la compostezza classica e la semplicità pop sono considerati elementi fondamentali anche per la ”new age”. Lui mostra sempre grande disponibilità, è un musicista curioso, anzi avido di nuove esperienze; come ama dire, ”l’importante è far tesoro di tutto ciò che ancora non conosciamo”. Ed è significativo che lo dica un uomo che ha suonato di tutto, dalla musica antica con le quattro voci dello Hilliard Ensemble ai raga pakistani con Ustad Fateh Ali Khan. [...] Gran conoscitore di musiche folcloriche d’ogni parte del mondo, Garbarek sembra proseguire le idee del grande trombettista americano Don Cherry, di cui ha anche inciso diversi temi: ” un onore essere considerato un suo continuatore. Conobbi Don Cherry da ragazzo, a metà degli anni ”60. Suonavo da poco il sax, nello stile di John Coltrane, ma lui mi disse di cercare degli esecutori di musica popolare norvegese e provammo tutti insieme. Fu un’esperienza straordinaria, lui era davvero il profeta della ”world music’. In quegli anni studiavo da solo, non c’era nessuno che insegnasse jazz in Norvegia. Poi in Scandinavia venne a vivere un altro maestro americano, George Russell, e mi prese sotto la sua protezione. Mi voleva nel suo gruppo ma mio padre non volle, ero ancora minorenne. George fu molto comprensivo, mi insegnò moltissimo con la sua musica, che è tuttora la più difficile che io abbia mai suonato: ritmi complicatissimi, politonalità, improvvisazione nel passaggio da una sezione all’altra...”. Garbarek sperimentò con Russell anche l’intreccio fra strumenti tradizionali e musica elettronica, che compare in molti suoi dischi [...] l’elettronica mi ha sempre interessato, ma a lungo ci sono stati solo due modi per utilizzarla: il rock e le ricerche come quelle di Stockhausen, e per la mia musica erano entrambe troppo complesse da gestire. Poi sono arrivate le tastiere sintetiche, i campionatori, e ho trovato la maniera giusta di lavorarci. Può sembrare contraddittorio che io cerchi un suono ”naturale’ sul sassofono e poi mi appassioni tanto all’elettronica, ma sono due facce della stessa medaglia. Mi piace far scontrare il sassofono con qualcosa di preesistente, di già definito. La prima volta che lavorai a questa idea fu nel 1976, quando improvvisai ”assieme’ a un’arpa eolia, una sorta di cetra le cui corde sono fatte vibrare dal vento. Del resto l’opposizione fra strumenti tradizionali e strumenti elettronici è piuttosto artificiosa. Quando ascoltiamo un compact disc siamo di fronte a una sequenza di impulsi elettronici, non certo a musicisti in carne ed ossa”» (Claudio Sessa, ”Corriere della Sera” 20/8/2004).