Varie, 18 agosto 2004
CAZZULLO
CAZZULLO Aldo Alba (Cuneo) 17 settembre 1966. Giornalista. Del ”Corriere della Sera”. Lanciato da ”La Stampa” • «Autore di una manciata di libri di successo, dall’intervista a Edgardo Sogno sul suo tentativo di colpo di Stato [...] sui personaggi della Torino che conta, da Cavour ai giorni d’oggi. [...] ”Sono nato ad Alba, un posto dove è bello essere nati per motivi eno-gastronomici. Poi però, una volta che hai mangiato bene nel week end, il lunedì, che cosa fai? [...] Te ne vai via [...] Alla scuola di giornalismo di Milano [...] avevo iniziato a 17 anni a lavorare in un giornale della sinistra albese, il Tanaro. Ma la sinistra ad Alba non esisteva. Anche gli operai votavano democristiano nelle Langhe. Il Tanaro affogò prestissimo. Io passai al settimanale diocesano, la Gazzetta d’Alba”. Poi la scuola a Milano. [...] ”C’erano tre categorie: quelli del kibbutz, le facce da Fininvest e i ragazzi di provincia. Quelli del kibbutz mimavano gli anni Settanta, tutti vestiti di nero, tutti lettori del Manifesto, peraltro giudicato un po’ troppo moderato. Una volta venne a parlarci Edilio Rusconi. Nella prima parte dell’incontro fu duramente contestato dal kibbutz. Nell’intervallo arrivò il direttore della scuola a farci il cazziatone: ”Ma siete impazziti? Questo è uno che può assumere!’. Nella seconda parte dell’incontro quelli del kibbutz erano irriconoscibili: ”Bella quell’inchiesta di Gente? stupenda la copertina di Gioia [...] Ogni tanto mi univo al kibbutz, per andare nella finta Milano popolare di Porta Ticinese a sentire i poetastri che leggevano le loro poesie al Portnoy [...] Sono figlio di un bancario. Ma la figura centrale della mia famiglia era mio nonno macellaio, Aldo. Da bambino lo accompagnavo sulle colline delle Langhe a scegliere i vitelli e lui aveva tutte le gambe piene di lividi perché tastava la consistenza delle carni e prendeva dei grandi calci dai vitelli”. La zona ha prodotto altri giornalisti [...] ”Ezio Mauro, Giampaolo Pansa, Giorgio Bocca. [...] Ezio è stato mio direttore, dal ”92 al ”96, anni importanti per me. Io stavo agli esteri, non avevo trent’anni, dovevo imparare tutto. Pansa è il più umano tra i grandi vecchi. In un momento doloroso della mia vita l’ho trovato inaspettatamente vicino. Giorgio Bocca è il massimo come scrittura. Insieme con Enzo Bettiza. Sono i due che tengo sul comodino [...] Appartengo a una generazione senza miti. Sono entrato al liceo nel 1980. Erano gli anni in cui finiva la politica di strada, quella che aveva coinvolto un’intera generazione nel male ma anche nel bene. Alla nostra generazione è mancata questa politica che formava e selezionava, insegnava a parlare in pubblico, a guidare un’assemblea, a condizionare la volontà altrui. Una scuola di spregiudicatezza intellettuale. Approdo naturale di un pezzo di quella generazione è stato il Foglio [...] Un’immagine che mi porto dietro è Emanuelle Béart, pallidissima nei suoi capelli neri, trascinata via da due poliziotti dalla chiesa di Saint-Bernard, rifugio del sans papier, infagottata nel suo maglione e nei suoi jeans sdruciti [...] Ho avuto la fortuna di avere grandi direttori e condirettori. Dopo Scardocchia, Mieli, Mauro, Lerner, Sorgi, Riotta [...] Rossella è un grande personaggio. Mi prometteva sempre una sede estera, di solito Parigi, ma anche Bruxelles. Bonn. Poi, quando portarono la capitale a Berlino, Berlino [...] Non mi ha mai mandato da nessuna parte [...] La mia giornata deve cominciare con un’articolessa. Se comincio con gli articolini e con le notizie mi viene l’ansia. Allora comincio con un bel pezzo del Foglio. Possibilmente il più lungo. E di esteri [...]”» (Claudio Sabelli Fioretti, ”Sette” 29/5/2002). Vedi anche: Venanzio Postiglione, ”Sette” n. 16/1999.