Varie, 17 agosto 2004
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Dyson James
• Cromer (Gran Bretagna) 2 maggio 1947. Designer • «[...] il re degli aspirapolveri. Ha trasformato la polvere in oro, inventando [...] una nuova tecnologia che ha rivoluzionato un elettrodomestico che non cambiava da quasi cent’anni. Rendendolo un cult del design industriale del XX secolo: l’unico aspirapolvere in mostra permanente al Metropolitan Museum of Art di New York. Oggi, una casa inglese su tre usa il suo Dual Cyclon. Un business da 277 milioni di sterline, per un aspirapolvere che sfrutta la forza centrifuga dei cicloni e fa a meno degli scomodi sacchetti. Come Davide contro Golia, ha sfidato giganti quali Hoover e Electrolux, e adesso ha conquistato gli Stati Uniti. Il Dyson è anche il primo elettrodomestico straniero che sia stato importato nella patria delle nuove tecnologie, il Giappone. Il suo futuristico ufficio nel centro di ricerca di Malmesbury, a due ore da Londra, è invaso da un eclettico catalogo di oggetti, invenzioni e ispirazioni. Il meglio del design e dell’ingegneria, modellini della Mini, lampade di Achille Castiglioni, tavolo da disegno di Heron Parigi, libri su Escher e Leonardo. Dyson in Gran Bretagna è, come il padre della Virgin, Richard Branson, un eroe nazionale. Un self-made man che si ispira alla tradizione britannica degli intellettuali creativi dietro alla rivoluzione industriale del XVIII secolo. Il suo mito è Isambard Kingdom Brunel, geniale creatore di ponti, ferrovie e transatlantici. Dyson, che ha studiato ingegneria e poi design al Royal College of Arts (dove ora siede nel consiglio direttivo), è convinto che bisogna ricominciare da lì, e che le due discipline sono state erroneamente separate. [...] “Il design non deve essere solo una ‘cosa’ alla fine del processo per rendere più ‘carino’ un prodotto, deve essere parte integrante della creazione. Faccio un esempio: la Mini di Alec Issigonis. Una macchina minuscola con uno spazio interno enorme, che ha influenzato per sempre il design delle automobili moderne. La disegnò sul balcone del Grand Hotel a Cannes sorseggiando gin. Ne fece uno solo, con la meccanica, le ruote e l’interno in un solo disegno, in prospettiva, e lo so bene perché ho il disegno originale. Questo avveniva 50 anni fa, e la verità è che la Mini è bella oggi come lo era allora. Non è minimamente invecchiata. Perché non voleva essere alla moda, non c’era la ricerca dello stile del momento. La sua forma è bella perché è giusta. Io ammiro enormemente Issigonis, perché sapeva che design e ingegneria sono la stessa cosa. Il primo va di pari passo con la seconda nell’accompagnare e migliorare la funzione”. Il design oggi ha invaso tutti gli aspetti della nostra vita. C’è chi, come Philippe Starck, disegna di tutto, dagli hotel alle cucine agli spazzolini da denti. Ma è il caso? “Io credo che in parte sia un bene che vi siano personaggi come lui, che popolarizzano l’importanza del design. Ma fa parte di una tendenza che gioca sulle firme come qualcosa da ostentare. Io sono in un campo diametralmente opposto. Per me il design deve contribuire a far funzionare un oggetto meglio, non solo a renderlo più bello. E non mi viene proprio in mente niente, che lui abbia fatto, che funzioni meglio. Il suo ragno spremiagrumi è sicuramente bello e divertente, ma credo che nessuno lo trovi comodo. E sono sicuro che nemmeno lui lo usa quando ha voglia di una spremuta [...] Il mondo è ancora polarizzato tra designer da un lato e ingegneri dall’altro. La Gran Bretagna ha una grande reputazione grazie ai suoi college di Art e Design che sfornano più laureati di qualsiasi altro paese al mondo. Di tutte le nazionalità. Uno straordinario vivaio, ma non credo che gli inglesi siano più bravi degli altri. E quando lo sono, di solito sono costretti ad andare all’estero perché non c’è spazio nell’industria manufatturiera locale [...] La cosa unica dell’Italia è che sia la popolazione che i produttori hanno sempre avuto una grande attenzione per il design. I giganti dell’arredamento italiano come Cassina o B&B, quelli della luce come Flos e ArteLuce, sono sempre stati estremamente attenti al design, ma anche all’ingegneria dei prodotti. Nessun altro paese ha fatto lo stesso negli ultimi 50 anni e questo spiega la vostra attuale supremazia nel mondo. Achille Castiglioni ne è un mirabile esempio: credo di aver quasi tutto quello che ha disegnato, e non perché ne volevo fare una collezione ma semplicemente perché amo quasi tutto quel che ha fatto: non c’è mai lo stile per lo stile, ma un design che allo stesso tempo è elegante, intelligente e funzionale. Per questo è irresistibile oggi come quando è stato disegnato, mezzo secolo fa [...] Oggi chi ignora il design lo fa a suo rischio e pericolo. Questo non esisteva 20 anni fa. Quando gli oggetti fondamentali che ci circondano furono creati, chi li inventò pensò a lungo all’ingegneria, alla meccanica e al design, insieme. Poi, nel corso della metà del secolo scorso, la produzione di massa portò a concentrarsi sui costi e sul fine, dimenticando il resto. Negli anni ‘80, con il boom del consumismo, si produceva e si comprava di tutto. Negli anni ‘90, con la recessione, tutto è cambiato. Ci si è resi conto che bisognava avere un design migliore e basta guardarsi intorno per vedere che di fatto tutto è diventato più curato. Ora la competizione è tale che la sfida si sta spostando sul design, sulla tecnologia, sulla performance. Nel XXI secolo non basta più produrre qualcosa a buon mercato: bisogna produrla più bella, più funzionale, più tecnologica. Io sono convinto che il futuro dipenda dal progresso tecnologico. Non è più sufficiente chiamare uno stilista alla fine e chiedergli ‘fammi questo più grazioso’. Bisogna essere certi che il prodotto funzioni meglio. Il futuro, per me, è la costante reinvenzione degli oggetti che ci ricondano per migliorarne la performance. È quello che cerchiamo di fare qui” [...]» (Annalisa Piras, “L’Espresso” 19/8/2004).