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 2004  agosto 13 Venerdì calendario

Kenteris Konstantinos

• Nato a Mitilini (Grecia) l’11 luglio 1973. Sprinter. Medaglia d’Oro dei 200 metri a Sydney 2000. Doveva essere l’ultimo tedoforo di Atene 2004, ma fu travolto dalle polemiche per aver saltato un controllo antidoping. «Ragazzo con il tallone d’Achille, nato con una gamba più corta, l’unico bianco capace di battere i neri dopo Mennea» (Emanuela Audisio, ”la Repubblica” 13/8/2004). «L’uomo che sognava di essere l’unico sprinter della storia dell’atletica mondiale a vincere l’oro olimpico dei 200 metri in due edizioni diverse dei Giochi, ha perso l’ultimo dribbling. Quello con la commissione antidoping che gli dava la caccia dal Duemila e che lui era sempre riuscito a sconfiggere. Perché un oro olimpico (20’’09, Sydney, 23 settembre 2000), vinto da un velocista che ha compiuto 27 anni e ha alle spalle una carriera in bilico fra il mistero e l’anonimato, qualche sospetto lo solleva. Nato [...] a Varia, isola di Lesbo, Kenteris si fa notare nel ’93, quando conquista la medaglia d’oro ai Giochi del Mediterraneo, ma nei 400 metri. la sua specialità e la corre in 45’’60, che è ancora primato di Grecia. Ma la vita di Kenteris cambia, quando scatta il progetto olimpico per il 2004 e la Grecia vuole costruire un gruppo di campioni, che possano lasciare il segno fino ai Giochi di Atene. Kenteris finisce per interpretare il concetto di ”atleta di Stato’, come veniva concepito nei Paesi dell’Est europeo: un posto in aviazione, in cambio di un impegno a tempo pieno nell’atletica. La svolta definitiva coincide con l’incontro che avviene nel 2000 con Christos Tzekos, ricco commerciante con l’hobby dell’atletica, che comincia ad allenarlo e che lo porta all’oro olimpico, un titolo che la Grecia aspetta dal 1912. La struttura fisica, le sue masse muscolari, la sua corsa autorizzano dubbi e sospetti, così come le sue rare apparizioni in pista. Il fatto di essere nato quattrocentista gli consente di reggere bene i quattro turni di qualificazione nei 200 metri. Ed è ancora Kenteris a confermare il predominio dei bianchi nei 200 al Mondiale di Edmonton (2001). Agli Europei di Monaco di Baviera (2002), aggiunge alla vittoria un tempo sensazionale di 19’’85, due mesi dopo essere scomparso prima di un test della Wada. Le imprese nascono attraverso allenamenti misteriosi e rappresentano il segnale di grandezza (sospetta) in stagioni contrassegnate da pochissime gare: ”Devo durare fino ad Atene, non posso spremermi’. Il tris, realizzato dal 2000 al 2002, è un fatto incredibile per un atleta che ha risolto una menomazione fisica (la gamba destra più corta di un centimetro rispetto a quella sinistra) usando un plantare di sughero. I controlli a sorpresa e la necessità di far conoscere la sede degli allenamenti lo mettono in progressiva difficoltà, al punto da essere costretto a rinunciare al Mondiale 2003, causa un problema alla coscia apparso sempre poco chiaro [...] ha scoperto l’atletica nell’83, a dieci anni, sull’esempio del fratello (giavellotto) e della sorella (100 ostacoli). Dopo ventun anni, la corsa è arrivata al capolinea» (Fabio Monti, ”Corriere della Sera” 14/8/2004). «Kenteris non è Narciso, che morì per amore della propria immagine riflessa in una fonte. E neppure Teseo, che uccise il Minotauro e, grazie al filo di Arianna, non si perse nel labirinto. Lui, nel labirinto, vi ha lasciato il nome e la sua Arianna, la velocista Ekaterini Thanou [...] Kenteris, il signor duecento metri. Campione olimpico, europeo e mondiale. Il tutto, fra il 2000 e il 2002. Un’ascesa folgorante, a ventinove anni. Prima, lo conoscevano soltanto gli esperti. stata una epifania così prepotente da lasciare tutti di sasso. Kenteris. Il fulmine di Zeus. La gente cominciò ad apprezzarlo e poi a venerarne le imprese, succede sempre così con gli atleti metà terra e metà cielo. Naturalmente, nessuna spiegazione. I postulati sono atti di fede: non si dimostrano, si accettano. Scompariva per mesi e mesi. Selezionava le gare. Ha scelto, come coach, Kostas Tzekos, un ”mentore” dalle pratiche vischiose e viziose: un commerciante navale, pensate un po’, con l’hobby dell’atletica, già nel mirino per doping, diffidato e squalificato: uno capace, addirittura, di nascondersi ai caschi blu della Iaaf, la federatletica mondiale: cercatemi a Creta, e invece con la sua tribù si era imboscato nel Qatar. Storie al limite, fra aureole e raggiri. Al campione si crede sul cronometro, non sulla parola. Non è giusto, ma la gente è di bocca buona, e per la costruzione di un idolo - non importa dove: se in laboratorio o in chiesa - è disposta a distruggersi, e a struggersi. Specialmente se il Paese è piccolo, e l’appetito famelico. E allora Kenteris è Ulisse che, avvistata Itaca, ha sempre ritardato l’attracco per paura dei Proci in camice bianco e fiala in mano, attratti più dal suo sangue che non dalla tela di Penelope. Venti secondi o anche meno, il tempo di buttarsi indietro una vita che assomiglia a un trabiccolo e trasformarla in una fuoriserie. Eppure il popolo lo adora: è un dio nato fra umili conchiglie, mai rinnegate; è un patriota che dedicò l’oro di Sydney alle vittime della tragedia dell’isola di Paros; è un fanatico che, ai Mondiali di Edmonton, si vestì con il logo di Atene 2004. [...] atleta assurto, troppo in fretta, a locomotiva di un intero movimento sportivo. Ha sempre vissuto da fuggiasco, Kostantinos, un pezzo di tenda qui, un bricco là, che fatica stargli dietro, in tutto il 2003 ha gareggiato una volta sola, a Firenze [...]» (’La Stampa” 14/8/2004).