Varie, 12 agosto 2004
MONTANO
MONTANO Mario Aldo Livorno 2 maggio 1948. Schermidore. Figlio di Aldo, padre di Aldo • «Maotsino, il piccolo Mao Tse Tung, non perché Mario Aldo, il figlio dell’ingegnere di Berlino, si ispiri alla Rivoluzione culturale ma perché quel volto largo, grassoccio, con occhi che sembrano tagli nella luna, ricorda alla lontana quello dei cinesi [...] Che tipo, il Maotsino. Vedemmo in tv il suo assalto che decise la vittoria a Monaco sui russi: contraddiceva ogni nostra scarsa conoscenza della scherma. L’immaginavamo praticata da giovani ufficiali e nobili blasé. ”In guardia, conte”. E poi quella mania di parlare sempre in francese. Maotsino in pedana si agitava come Gattuso, urlava come un portuale, se la prendeva con i giudici più di Gaucci (allora erano quattro e l’azione la ricostruivano come pareva a loro). Cento chili di esplosivo dentro una tuta bianca. Altro che ”touché” e ”pardon”. Attorno al figlio, le stesse scene. Non si può tirare contro uno di Livorno se tra il pubblico ci sono dieci livornesi» (Marco Ansaldo, ”La Stampa” 12/1/2004) • « [...] era un po’ in carne, grassoccio, ben diverso dal classico Maffei, compagno di squadra. La sua simpatia era travolgente, pari allo spregiudicato modo di recitare. Ogni incrocio di sciabole, comunque andasse l’assalto, si concludeva con un suo devastante grido di trionfo. Anche se aveva palesemente subito una stoccata. I giudici, poveracci, schierati ai quattro angoli come condannati, gli davano spesso torto e lui scatenava la sua indignazione. Così dall’inizio alla fine, non c’era modo di coniugare la sua recitazione con le norme regolamentari. Lui conosceva soltanto la ”legge del grido”. Ma era un grande. Avrebbe vinto medaglie anche senza strillare, ma non ci sarebbe stato gusto. [...]» (Candido Cannavò, ”La Gazzetta dello Sport” 4/10/2007).